Serbia, sulla vittoria di Vucic l’ombra di brogli e irregolarità
Elezioni Putin si complimenta, le opposizioni denunciano. A Belgrado, dove ottiene il 39% contro il 34%, gli episodi più massicci di frodi elettorali. La protesta scende in piazza
Elezioni Putin si complimenta, le opposizioni denunciano. A Belgrado, dove ottiene il 39% contro il 34%, gli episodi più massicci di frodi elettorali. La protesta scende in piazza
Il trionfo di Aleksandar Vucic e del suo Partito progressista serbo non poteva ricevere beneplacito più eloquente: «Accogliamo con favore il successo di Vucic: speriamo che il percorso di rafforzamento della nostra amicizia e cooperazione continui». Così il portavoce di Vladimir Putin, Dmitri Peskov, ha commentato con i giornalisti il risultato delle elezioni parlamentari che si sono tenute in Serbia la scorsa domenica. Mosca ha dato una pacca sulla spalla alla sua storica sorella, la Serbia, che pur essendo ufficialmente candidata a entrare nell’Unione europea, si è rifiutata finora di partecipare alle sanzioni contro la Russia.
LA LEGGERA BREZZA del cambiamento che aveva attraversato la Serbia non ha smosso Vucic e il suo granitico sistema di potere: la mossa di convocare i cittadini a nuove elezioni parlamentari anticipate si è rivelata, a breve termine, vincente, sebbene oscurata da pesanti accuse di brogli. Gli osservatori inviati da Consiglio d’Europa, Osce e Parlamento europeo hanno denunciato, in un comunicato congiunto, che il processo elettorale «è stato compromesso nel suo complesso»: non solo per le interferenze del presidente della Repubblica nella campagna, ma anche a seguito di «intimidazioni, pressioni, acquisto di voti».
SECONDO LA COMMISSIONE elettorale (scrutinio al 96%), il partito progressista serbo (Sns) si conferma al primo posto con il 46% e ottiene la maggioranza; il grande cartello delle opposizioni di centro e di sinistra ‘Serbia contro la violenza’, nato dalle proteste di piazza iniziate lo scorso maggio, ha ottenuto il 23%. Tra le new entry in parlamento c’è lo pneumologo Branimir Nestorovic, del partito «Mi glas narod» (Noi, voce del popolo): Nestorovic divenne noto nel Paese quando, nel marzo 2020, asserì durante una conferenza stampa alla presenza di Vucic che il covid era «un virus ridicolo inventato da internet»; è presto per dire quale corso seguirà questa nuova meteora nel parlamento serbo, ma il sospetto è che al partito possa essere assegnato il compito di svolgere un’opposizione di facciata, utile al presidente per preservare l’idea di una democrazia sana, animata dalle opposizioni.
SECONDO I DATI ancora parziali l’Sns si sarebbe assicurato la vittoria anche nella roccaforte della Serbia contro la violenza, Belgrado, dove circa un quarto dell’elettorato nazionale era chiamato al voto. Qui il partito di governo avrebbe ottenuto il 39% contro il 34% della lista delle opposizioni. Proprio nella capitale il «nervosismo» di Vucic per una possibile sconfitta avrebbe alimentato gli episodi più massicci di frodi elettorali.
Le opposizioni hanno denunciato l’arrivo di decine di bus con a bordo cittadini serbi della Bosnia-Erzegovina, portati presso il seggio allestito nel palazzetto dello sport per votare in massa a favore di Vucic, mentre i rappresentanti di lista venivano tenuti con la forza a debita distanza da sedicenti ‘addetti alla sicurezza’. «I brogli sono stati massicci e si sono diffusi a macchia d’olio: ci sono state persone che provavano a votare due volte, altre che si presentavano con la scheda già pre-compilata o pretendevano di votare nei seggi in cui non erano iscritte», spiega al manifesto Dragan Jonic, candidato di Rivolta ecologica, uno dei partiti della grande lista Serbia contro la violenza.
IERI A BELGRADO l’opposizione ha organizzato una protesta in piazza per chiedere l’annullamento delle elezioni; se le proiezioni venissero confermate, il partito di Vucic non avrebbe comunque la maggioranza assoluta nella capitale e sarebbe costretto a cercare alleati. L’ago della bilancia potrebbe essere il partito di Nestorovic.
Il clima di costante compagna elettorale (in undici anni i cittadini sono stati chiamati alle urne sette volte) si è rivelato, ancora una volta, l’habitat naturale di Vucic, che forte del controllo sui media, ha trasformato le elezioni in un referendum su sé stesso per serrare i ranghi nella base (anche tra i serbi del Kosovo: più del 70% ha votato per il suo partito). Per la Serbia contro la violenza la sconfitta era prevedibile, ma a Belgrado si è aperta una crepa nel consenso granitico al presidente: grazie ai moti di protesta cittadini e a quelli ecologisti, lo spiraglio per una politica di nuovo segno in Serbia resta quantomai aperta.
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