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«Senza proiettili qui si muore». Così Kiev preme sugli alleati

«Senza proiettili qui si muore». Così Kiev preme sugli alleatiUn’esercitazione di soldati ucraini – foto Epa

Torniamo a bomba Produzione bellica come se fossimo già tutti in guerra, è il vero obiettivo dei paesi atlantici

Pubblicato 9 mesi faEdizione del 16 febbraio 2024
Sabato Angieriinviato a KIEV

«Spero che capiscano presto che qui senza quelle armi si muore» dice Ivàn, il più cupo e taciturno del gruppo di soldati che incrociamo davanti al parco Mariinskij di Kiev. I suoi commilitoni, tutti poco più che ventenni, non sono d’accordo. Soprattutto Dmitry: «Continueremo comunque, qualsiasi cosa succede e ti dico una cosa: negli Stati Uniti e in Europa possono anche abbandonarci, non ce ne frega un…», dice in un crescendo di rabbia.

Sono ragazzi di Kiev, in permesso di qualche giorno nelle retrovie, ed erano tutti iscritti all’università ma l’hanno sospesa volontariamente per partire per il fronte. Medicina, ingegneria e un avvocato. Ivàn, il medico, si sente in dovere di spiegarsi: «Sì, ha ragione, noi combattiamo, lo facciamo da due anni; ma dico, non abbiamo lo stesso livello della Russia…». «E cos’hanno loro, quella banda di disperati che prima della guerra pascevano le pecore in Siberia, solo la bomba atomica. È di questo che hanno paura tutti, della bomba atomica! A volte ci penso, mi fanno pena, sono sicuro che a molti di loro non gliene frega niente dell’Ucraina, eppure ci vengono a morire. E comunque», aggiunge ripensandoci, «spero che moriranno tutti». I suoi amici ridono delle pecore siberiane, qualcuno fa notare a Dmitry che forse in Siberia fa troppo freddo per le pecore e lui emette un suono simile a un grugnito.

«COMUNQUE» riprende Ivàn, «l’importante è che le cose si facciano per bene, se non arrivano altre armi o altri soldi…». Non termina la frase ma è chiaro dove vuole andare a parare. Gli chiedo se si sono mai pentiti di essersi arruolati e tranne Dmitry l’entusiasta sono tutti meno scontati. Riassumendo: non si aspettavano che sarebbe stata così dura. E non vorrebbero tornare a casa ora, «e stare come state qui oggi, a scherzare nel parco?». C’è poco da scherzare per loro. «Molti nostri compagni delle superiori o dell’università, vicini di casa, amici, sono morti. Sentiamo una specie di responsabilità… certo, senza guerra è meglio ma è quel figlio di puttana che l’ha iniziata, non siamo andati noi a casa sua a bombardare».

IL FATTO È che la sfida interna per il potere statunitense ha delle conseguenze dirette qui. Lo ha detto anche il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg: «Vediamo l’impatto della mancata approvazione degli Usa del pacchetto di aiuti all’Ucraina». Il giorno prima il consigliere per la sicurezza nazionale di Washington, Jake Sullivan, aveva lanciato l’allarme: «Le forze ucraine stanno esaurendo le munizioni nelle prime linee». Certo, i commenti di Stoltenberg sulla situazione non sono mai disinteressati, il segretario vuole convincere tutti «a spendere di più per la difesa».

«Per ricostituire le nostre scorte e continuare a sostenere l’Ucraina, dobbiamo passare dal ritmo lento del tempo di pace alla produzione ad alto ritmo richiesta dal conflitto» ha chiosato. Produzione di munizioni come se si fosse tutti in guerra. Ma qui l’equivoco è troppo lampante: siamo in guerra o no? I soldati dei Paesi occidentali non sono presenti con gli «anfibi sul campo», ma in ogni casamatta ucraina ci sono quintali di armamenti made in qualche Paese di Ue, Gran Bretagna o Usa. I mezzi corazzati hanno nomi inglesi e francesi, i carrarmati Leopard forniti a decine a Kiev sono prodotti dalla Rheinmetall tedesca. E le grandi città ucraine si difendono con i costosi sistemi di contraerea italo-francesi o statunitensi.

I QUALI a volte sono molto efficaci, come ieri nella capitale, o molto poco come a Kharkiv. Nell’ondata di bombardamenti massicci che ha investito l’Ucraina la scorsa notte «tutti i missili nemici diretti verso Kiev sono stati distrutti», ha dichiarato il capo dell’amministrazione militare kievita, Sergiy Popko. A Kharkiv invece si contano 4 morti. Anche Leopoli è stata colpita, così come Dnipro e Zaporizhzhia. E non manca la risposta ucraina: nella notte un drone avrebbe colpito un deposito di petrolio nella regione russa di Kursk, provocando un incendio nella struttura, come riporta il governatore locale. A Belgorod, pochi chilometri oltre la frontiera con Kharkiv, secondo fonti russe un missile ucraino avrebbe invece centrato un centro commerciale uccidendo almeno due persone e ferendone alcune decine.

TUTTAVIA è al fronte che la situazione continua a essere più violenta. Avdiivka è da mesi sottoposta a un assedio tremendo e le vittime quotidiane a volte superano le centinaia. Lo stato maggiore ucraino ha dovuto inviare una brigata d’assalto ulteriore per tenere la città. Ragazzi, come Ivàn, Dmitry e chissà quanti altri ancora.

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