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Sentenza Venezuela, Maduro vince e stop

Sentenza Venezuela, Maduro vince e stop

La crisi post voto Decisione del massimo tribunale. Chi non ci sta, non sarà eleggibile

Pubblicato 3 mesi faEdizione del 24 agosto 2024

Una scontatissima sentenza «inappellabile» del Tribunale supremo di giustizia (Tsj) ha convalidato sic et simpliciter i risultati annunciati dal Consiglio nazionale elettorale, ma non metterà la parola fine alla crisi politica in Venezuela. Contro la sentenza – in base a cui il presidente uscente Nicolás Maduro avrebbe vinto con il 51,95% dei voti – si sono espresse tutte le opposizioni, di destra e di sinistra, in alcun modo disposte a credere senza vedere.

GIÀ PRIMA che si pronunciasse la massima corte venezuelana, del resto, Enrique Márquez, l’ex candidato presidenziale sostenuto dal Partito Comunista, aveva già lanciato la sfida: «Se il Cne non ha nulla da nascondere, se il Tsj non ha nulla da nascondere, se il governo non ha nulla da nascondere, perché non permettere che i partiti e i candidati osservino e attestino quello che sta avvenendo? Nessuno sa cosa stiano facendo realmente». Accusato dalle opposizioni di usurpare le funzioni del potere elettorale, il Tsj si è infatti limitato ad assicurare che la perizia del materiale relativo alle elezioni del 28 luglio – che nessun organismo o personalità indipendente ha potuto vedere e controllare – è stata svolta secondo «i più elevati standard tecnici e giuridici», che l’attacco hacker che avrebbe ritardato il processo (di cui non sono state fornite le prove) c’è stato sul serio e che tutta la documentazione consegnata dal Cne e dai partiti, ad eccezione della Piattaforma unitaria e dei partiti Centrados e Alianza del Lápiz, «resterà sotto custodia del massimo tribunale».

Né è mancato l’invito del Tsj alla Procura generale ad accertare i crimini di usurpazione di funzioni, istigazione alla disobbedienza delle leggi, reati informatici, associazione a delinquere e falsificazione di documenti, cioè dei verbali pubblicati sulla piattaforma resultadosconvzla.com, di cui pure sarebbe facilissimo dimostrare o meno l’autenticità attraverso il codice, o hash, presente in ognuno di essi, unico e non duplicabile.

IL PRESIDENTE dell’Assemblea nazionale Jorge Rodríguez, tuttavia, è andato anche oltre, proponendo di escludere dal «gioco democratico» chiunque non riconoscerà la vittoria di Maduro: «Chi non si attiene a questa sentenza sta oltraggiando la corte e non potrà registrarsi nelle liste dei deputati» per le amministrative del prossimo anno. «Un fascista non può essere candidato a nessuna carica elettiva», ha concluso, equiparando al fascismo ogni forma di opposizione, compresa quella – tutt’altro che irrilevante – che è rimasta fedele all’eredità di Chávez e che, pur prendendo tassativamente le distanze dall’estrema destra golpista, denuncia l’inarrestabile deriva autoritaria del governo, accusandolo di permettere o incentivare denunce anonime e licenziamenti contro i dissidenti in imprese statali e istituzioni pubbliche, e misure di polizia sempre più repressive.

DOPO AVER «confiscato i diritti del lavoro consacrati nella Costituzione, compresa la cancellazione del salario come remunerazione dell’impiego a favore dell’imposizione di un sistema di miserabili buoni sociali», il governo «si è ora accaparrato anche i voti della popolazione», ha denunciato il Comité Nacional de Conflicto de los Trabajadores en Lucha, nato già nel 2023 per unificare le proteste dei lavoratori venezuelani contro la svolta «neoliberista» di Maduro.

Molto attesa è ora la reazione di Brasile e Colombia, decisi a procedere di comune accordo: «Vedo uno scenario davvero molto difficile, ma faremo il possibile per evitare un conflitto interno», compresa la creazione di «un gruppo di paesi amici», ha dichiarato il consigliere speciale di Lula Celso Amorim. Mentre il presidente messicano López Obrador, che aveva scelto di agire in autonomia, ha dichiarato in conferenza stampa che continuerà ad attendere la pubblicazione degli atti.

A RESPINGERE nettamente la sentenza del Tsj è invece la Missione internazionale sul Venezuela dell’Onu, che, poche ore prima del pronunciamento della Corte, ne aveva già condannato «la mancanza di indipendenza e di imparzialità». Sul banco degli imputati c’è soprattutto la presidente del tribunale Caryslia Rodríguez, la cui vicinanza a Maduro è ben nota: già militante del suo partito, è stata prima consigliera comunale di Caracas nel 2018 e poi, nel 2021, sindaca della capitale dopo la rinuncia di Erika Farías, finché Diosdado Cabello, il potente numero due del Psuv, non l’ha proposta come giudice della Corte suprema venezuelana, di cui ha finito per ricoprire la presidenza a partire del 17 gennaio di quest’anno.

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