Credo sia necessario riprendere seriamente le riflessioni sconfortanti (a ragione) contenute nell’articolo di Christian Raimo (il manifesto, 11 gennaio: «L’educazione all’astensionismo»). L’appello promosso da Fabrizio Barca, Ida Dominjianni, Tomaso Montanari, Luigi Ferraioli, Christian Raimo e Chiara Giorgi, seppure tardivo, conteneva in sè qualche speranza che Pd e M5S non andassero ognuno per proprio conto alle elezioni regionali del Lazio o, comunque, che tale appello diventasse motivo di riflessione nei riguardi delle forze politiche di sinistra, considerato che è stato firmato da migliaia di militanti oggi indecisi e confusi da quanto sta accadendo.

Come era facile prevedere le cose sono andate diversamente; l’appello, pur ripreso nella discussione sulle elezioni regionali, è tuttavia caduto nel vuoto rispetto agli esiti che auspicava. Per contro i”nostri” politici del Pd hanno continuato a chiacchierare su questioni (voto on-line, data delle primarie, ecc.) totalmente indifferenti a chi chiedeva loro di fermarsi e discutere insieme i programmi e le alleanze. Si è così consumata ogni speranza per chi da anni portava avanti lotte sul territorio intorno ai veri problemi politici, aggregando forze disperse, esortando gli indecisi traditi dalla politica, organizzando riunioni e tentando di riallacciare rapporti e attivare speranze con gli abitanti abbandonati delle periferie. Tutto inutile, o quasi.

Prima ancora di una probabile vittoria della destra nel Lazio, è già questa una sconfitta politica, quali che siano i decimali acquisiti o perduti (ipotesi questa seconda molto più probabile) nelle prossime regionali. Di certo questa scellerata scelta darà ancora più forza a coloro che pensano che ormai sia inutile votare e persino partecipare a queste insulse primarie del Pd.

Ai militanti non interessa chi dei due (Pd o M5S) abbia ragione o torto. Naturalmente non è difficile osservare che formule astratte tipo “nuovo Pd”, “nuova fase costituente” sono ogni giorno, e più volte al giorno, vanificate e svilite da manovre, accordi, interessi di parte che spingono in direzione contraria, ovvero nessun cambiamento, nessuna riflessione sull’enorme calo di voti, nessuna autocritica. Tutto l’interesse è per chi rappresenterà il nuovo segretario del Pd.

Specularmente il M5S e Conte non hanno manifestato alcun interesse a trovare un qualche compromesso che potesse essere speso a favore dell’alleanza, checché ne dicano.

In precedenti elezioni politiche, si invitavano gli elettori delusi al “voto utile” per arginare la destra. Credo che questa volta questo richiamo (ammesso che si abbia ancora il “coraggio” di farlo) provocherà solo fastidio e derisione: voto utile perché e per chi? Se sono le stesse forze politiche a dichiararne l’inutilità con la loro contrapposizione e a sbandierare pubblicamente le ragioni del loro suicidio.

Tutto questo proprio nel momento in cui il disastro nazionale ed europeo si fa visibile: le guerre, le disuguaglianze, i cambiamenti climatici, la povertà, il crollo del rapporto sentimentale tra formazioni di sinistra e popolo (ovvero la massa degli esclusi e dei diseredati).

Appare tanto più inconcepibile a chiunque come i politici siano rinchiusi in una torre d’avorio impenetrabile alle persone che soffrono il cui grido di dolore è raccolto solo da Papa Francesco e pochi altri.

Leggere i giornali (per chi ancora pratica questa sofferenza) o ascoltare i media TV e i loro interminabili balletti di idiozie, è diventata un’impresa eroica, al limite del masochismo.

Credo siano in molti questa volta a pensare (in silenziosa solitudine) che il “voto utile” è non andare a votare, almeno fino a quando i “nostri politici” non riacquisteranno la ragione. Una decisione che può essere quanto mai sofferta da ciascun militante che ha sempre creduto nella competizione politica e che ora, sfiduciato, può pensare che l’astensione sia l’ultimo e il più tragico dei gridi di dolore rivolto ai politici.