Le affermazioni degli esponenti lombardi riportate da Andrea Cegna (Il manifesto , 5 gennaio) presentano solo una parte della vicenda che, se ha portato a un’unica coalizione di quasi tutte le forze di opposizione al centrodestra, ha però mancato l’obiettivo di unificarla su un programma d’inversione della deriva della trentennale sanità lombarda, per riportarla a strumento di attuazione del diritto alla salute.

Nell’articolo nessuno ci riconosce il merito di aver agito per concretizzare tale coalizione quando le distanze tra le forze principali sembravano incolmabili mentre si riducono a questione personale (Agnoletto vs Pregliasco) i motivi che hanno portato Curiamo la Lombardia a non presentare una propria lista di candidati estranei ai partiti: operatori della sanità, ambientalisti, attivisti.

L’iniziativa è stata un passaggio del percorso fatto assieme a gran parte della galassia di associazioni e comitati riunita sotto l’affermazione “la salute non è una merce, la sanità non è una azienda” da ben prima del Covid, quando la popolazione lombarda ha subito migliaia di morti aggiuntive a causa di mancate zone rosse, stragi nelle Rsa, assenza di filtro per le urgenze per una medicina territoriale ridotta all’osso etc.

Un percorso che ha portato tutte le forze di opposizione in piazza Duomo nel 2021 e dal quale è scaturita la piattaforma di 23 punti sulla sanità del 2022 sulla quale, a parole, quelle stesse forze hanno espresso consenso o interesse. Il candidato Majorino ha garantito che quella piattaforma sarebbe stata di riferimento per la definizione del programma elettorale. Quello è il programma su cui abbiamo chiesto unità contro Fontana e Moratti.

Non è questione di proprietà pubblica delle strutture sanitarie ma di riconoscere nell’attuazione del diritto alla salute l’elemento discriminante e preminente del pubblico rispetto al privato che usa la sanità solo come fonte di profitto mentre in Lombardia con l’aziendalizzazione anche le strutture pubbliche ragionano e agiscono come quelle private in una finta concorrenza (equivalenza).

Nonostante la chiarezza di intenti, fino al nostro comunicato dello scorso dicembre nessuno degli esponenti della coalizione in formazione ha aggiunto l’aggettivo pubblico dopo sanità, continuando a confondere gli obiettivi presentandoli come dato tecnico: più risorse, migliore organizzazione ecc.

Non sentiamo parlare di prevenzione, funzione prioritaria che solo il pubblico può garantire perché non dà profitti ma produce salute: sicurezza sul lavoro, tutela ambientale, condizioni di vita salubri.

Le 23 proposte della nostra piattaforma, più articolate e radicali rispetto ai punti generici e generalmente condivisibili presentati nell’articolo, sono definite ideologiche dall’autocandidato al welfare Pregliasco, scelto come capolista da Majorino nella lista del Presidente (Patto Civico) e quindi suo uomo di fiducia sul tema della sanità.

Certamente contano anche le persone, non in quanto tali ma per il loro curriculum e per quanto rappresentano. Curiamo la Lombardia e la piattaforma delle realtà sociali sono ben rappresentate da Vittorio Agnoletto mentre Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario del Gruppo San Donato – una delle principali strutture private lombarde – rappresenta la visione che vogliamo modificare. Per noi approcci così divergenti non possono stare insieme nella stessa compagine né in prospettiva istituzionale. Ve ne è stata conferma nel confronto su radio popolare tra i due del 23.12.2022.

Continueremo a vigilare sul lavoro della nuova Giunta chiunque sia il vincitore e a promuovere la nostra visione alternativa. Nessuno si illudeva di cambiare dall’oggi al domani la Sanità lombarda ma si può cominciare a far sì che i privati abbiano gli stessi doveri del pubblico a partire dalla condivisione di un’unica agenzia per visite ed esami e da un’ampia riforma delle agenzie sanitarie lombarde.

*di Curiamo la Lombardia