Governatori sul piede di guerra. La finanziaria in via di definizione lascia la Sanità notevolmente sottofinanziata con il rischio di provocare nuove voragini nei conti degli enti locali. Nella Conferenza delle regioni, ieri, la discussione è salita di tono sia nei confronti dell’esecutivo sia tra i presidenti sul tema del riparto del fondo nazionale, una guerra finora tenuta a bassa intensità (con la Campania sola nel chiedere una divisione più equa) ma che adesso rischia di esplodere a causa dell’autonomia differenziata.

COSA NON VA nella bozza di finanziaria lo ha spiegato il presidente pugliese Emiliano (ma la critica è arrivata anche dal molisano di Fi Toma): «I 2 miliardi in più annunciati dalla premier Meloni assolutamente non bastano: i costi aumentano, 2 miliardi in più (1,4 vincolati ad ammortizzare i costi delle bollette ndr) servono a tenere la Sanità allo stesso livello dell’anno precedente, ma visto che c’è un’inflazione molto alta ed è aumentata molto l’energia, sostanzialmente c’è una diminuzione del finanziamento effettivo del Sistema sanitario nazionale. Se non hanno trovato il modo di sostenerlo nonostante la pandemia, il fatto che dobbiamo recuperare le liste d’attesa e tutte le malattie che non sono state diagnosticate durante il Covid, questa cosa va detta chiaramente». Le regioni hanno redatto un documento dove hanno messo nero su bianco i costi non coperti: «I maggiori oneri indotti dalla pandemia, pari a 4,6 miliardi per il solo anno 2021, hanno trovato copertura parziale nei decreti emergenziali e nei recenti provvedimenti governativi», a carico delle amministrazioni locali sono rimasti 3,4 miliardi. Servono poi almeno altri 90 milioni per la sanità territoriale.

E POI C’È IL RIPARTO del fondo nazionale. La scorsa primavera il presidente campano De Luca aveva battuto i pugni sul tavolo: «Non è tollerabile che riceviamo la quota più bassa pro capite di risorse, ogni anno veniamo derubati di 220 milioni». Ieri Emiliano ha spiegato: «Si stanno creando delle contrapposizioni tra la quasi totalità delle regioni e la Lombardia, che effettivamente ha una dimensione importante ma è anche destinataria di un miliardo di mobilità attiva da parte delle altre regioni che si aggiunge al fondo sanitario nazionale». E ancora: «Difronte al progetto di autonomia differenziata, la chiave è cominciare a riequilibrare personale, prestazioni e fondi. Quindi la Lombardia, con questo atteggiamento piuttosto chiuso, rischia di rafforzare la sfiducia. C’è qualcosa che insospettisce: se l’autonomia differenziata deve servire a rendere più efficiente e sviluppata l’economia della regioni, ci si domanda come mai viene richiesta da quelle più sviluppate e ricche. Se non riescono a rinunciare a qualche decina di milioni su un badget di decine di miliardi c’è qualcosa che insospettisce». Il calabrese Occhiuto ha minacciato il no all’intesa sul riparto del fondo 2022 essendo «estremamente penalizzato dalla suddivisione delle risorse». Discussione aggiornata a martedì prossimo.

PRONTI ALLO STATO DI AGITAZIONE oltre dieci sigle sindacali dei medici, veterinari e dirigenti sanitari: «Nel 2023 vengono destinate più risorse ma per bollette, vaccini e farmaci anti Covid (650 milioni ndr), non per servizi e personale. Anche la promessa indennità di Pronto Soccorso (200 milioni ndr) viene rinviata al 2024. Niente per il Contratto di lavoro 2019-2021, che prevede incrementi pari a un terzo del tasso inflattivo attuale, e nessun finanziamento per quello 2022-2024. La carenza di specialisti non può essere colmata dalle cooperative dei medici a gettone, pagati per lo stesso lavoro il triplo dei dipendenti e gratificati di una flat tax che porta a livelli intollerabili anche il differenziale contributivo. Se questa è la considerazione, reagiremo con un corale ‘basta’ ai turni eccessivi, al lavoro oltre l’orario dovito, a fare in tre il lavoro di sei, per goderci 5 milioni di giornate di ferie arretrate, recuperare 10 milioni di ore di straordinario».

FILIPPO ANELLI, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici: «Mancano 4.500 medici nei pronto soccorso, 10mila nei reparti ospedalieri, più di 4mila medici di medicina generale. La situazione potrebbe peggiorare nei prossimi 5 anni, quando andranno in pensione 35.200 medici di base. A ciò si aggiunge l’emorragia verso il privato e verso l’estero. Al Fondo sanitario dovrebbero essere aggiunte con la manovra risorse pari a 4 miliardi di euro, 2 già previsti dal precedente governo, per un totale di 128 miliardi. Circa 1,5 miliardi dovrebbero essere destinati ai costi energetici e 200 milioni agli incentivi per i medici dell’emergenza-urgenza nel 2024. I restanti 2 miliardi chiediamo siano utilizzati interamente per aumentare gli stipendi».

IL PARTITO DEMOCRATICO con Marco Furfaro e Silvio Lai attacca la manovra del governo: «Vogliono colpire la sanità pubblica. Nel loro programma elettorale il Sistema sanitario nazionale non era nemmeno citato. L’Italia è sotto la media Ue di 12,7 miliardi, la legge di bilancio non copre nemmeno il buco Covid e il caro energia. Ci rimetteranno i servizi. Si allungheranno le liste d’attesa. A rischio Case e Ospedali di comunità». Azione critica le misure per il settore e poi tira fuori la sua proposta: «Chiediamo di utilizzare, oltre al Pnrr, anche i fondi del Mes». Ed è subito Conte Uno.