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San Ginesio «protettore» del teatro e anima della ricostruzione

San Ginesio «protettore» del teatro e anima della ricostruzioneUna foto di scena di «One Shot Show» di Filippo Timi

In scena Filippo Timi e Roberto Latini spiccano al festival in provincia di Macerata, premiato Lino Musella. Tra le attrici incoronata Sara Putignano

Pubblicato circa un anno faEdizione del 26 agosto 2023
Gianfranco CapittaSAN GINESIO (MC)

Si è chiuso ieri sera Ginesio fest, manifestazione assai particolare dedicata alle «arti teatrali», cui è annesso anche il premio San Ginesio «all’arte dell’attore». La peculiarità della manifestazione, diretta da Leonardo Lidi, sta nella coincidenza feconda tra il santo che dà il nome alla cittadina in provincia di Macerata, e il santo «protettore» dell’arte teatrale (per molti anni nel secolo scorso un premio a lui intitolato veniva assegnato da una giuria dei critici più influenti della grande stampa a una particolare personalità che ai palcoscenici avesse dato lustro).

OGGI QUI su queste bellissime montagne, a un passo dall’Adriatico, l’elemento teatrale si salda in maniera stretta con la ricostruzione (dei fabbricati e insieme di una identità civile) dopo il terribile terremoto del 2016 che devastò il centro Italia. La spinta alla rinascita è stata forte, e l’illuminata amministrazione locale ha provveduto insieme alla puntellatura ferrea delle costruzioni e al loro restauro, a fare nello stesso tempo del paese un luogo di accoglienza e propulsione per il teatro di cui il santo eponimo è protettore.

Cominciando dalla fine, bisogna dire, e apprezzare, che per quest’anno sono stati premiati, nel giorno appunto di san Ginesio (attore anche lui nell’antica Roma) due attori particolarmente significativi. Uno è Lino Musella, considerato da molti il migliore della sua generazione, interprete forte di molti spettacoli, e anche creatore di un memorabile Tavola tavola, chiodo chiodo tratto dalle memorie di Eduardo, e che ieri sera si è esibito attingendo invece alla scrittura di Viviani; tra le attrici, il premio è andato a Sara Putignano divenuta giovanissima subito famosa al debutto come «madre» nell’impressionante Sei personaggi pirandelliano creato da Luca Ronconi, e che dopo ha spaziato tra classici e coraggiosi testi contemporanei.

MA NELLA programmazione vera e propria del festival, si sono affermati con grande successo due attori/creatori già ben noti al pubblico italiano, Filippo Timi e Roberto Latini. Quest’ultimo è universalmente riconosciuto per la varietà delle sue capacità tecnico/attoriali. Nelle sue ultime performance anzi la tecnologia di scena aveva quasi rischiato di sopravanzare le doti interpretative (Gianluca Misiti è il suo responsabile musicale, e alla consolle dispone di un bravissimo Max Mugnai), mentre la sua dizione veniva accusata di eccessivo carmelobenismo. Questa volta invece l’equilibrio è perfetto, anche nel rapporto tra cultura classica e fanta tecnologia. Venere e Adone è il titolo, e le emozioni sono per l’amore contrastato e contraddittorio tra quelle due mitologiche figure, narrate da Ovidio e Shakespeare, oltre che dai pittori di ogni classicità. L’amore tra la bellezza divina e quella umana è il cuore della partita che Latini gioca sulla scena, dove in maniera magistrale risaltano le tecniche dell’ attore/ regista. Quel mitico e impossibile amore prende voce e forma da parole e suoni con cui Latini ci conduce. La sua è dolcezza mista a ironia, così che non si possa non restarne coinvolti. Con la brillante invenzione finale del robottino di forma canina, telecomandato ma che non disdegna di impazzire con rarefatta sapienza elettronica. Una bella tappa nel percorso di Latini.

La redazione consiglia:
Nel circo di Filippo Timi
Più clamorosa (anche nel senso del rumore) la nuova creazione di Filippo Timi. One shot show è il titolo di questa «pazza» cavalcata che ha un inizio davvero esplosivo: uno stuolo di «ragazzini» – allievi della Scuola dello Stabile di Torino – che cantano (anche bene) tutte le hit degli anni ’60. Il rischio della pura nostalgia è presto messo in fuga dal divertimento e dalla curiosità con cui quei giovani fanno rivivere quelle canzoni, un repertorio per lo più della mitica Rca di quegli anni: da Saint Tropez a Una rotonda sul mare, da Abbronzatissima al Ballo del mattone a Il mondo di Jimmy Fontana a infinite altre. Una botta al cuore per coloro che c’erano e se le ricordano, divertimento per i più giovani, e un gran lavoro per la generazione di attori giovanissimi che se ne è impossessata, studiandole accuratamente, a suon di twist…

Lo stacco è feroce con il brano successivo di Koltès da La solitudine nei campi di cotone, quella misteriosa contrattazione tra due creature la cui posta non è sesso né droga né affari, quanto semmai il potere che una creatura può esercitare (o fagocitare) sull’altra. Lo spettacolo prosegue, nella sua apparente disinvoltura generazionale, con delle fitte che si fanno sempre più dolorose. E lo scenario di quelle giovani esistenze dietro l’apparenza vitalistica, rimane perturbante. Anche per Timi una sorta di processo di concentrazione, che ne accentua l’interesse del lavoro.

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