Rinuncia all’indennizzo la ragazza che ha denunciato Dani Alves
La donna di 23 anni, che ha denunciato di essere stata violentata dall’ex difensore del F. C. Barcelona il brasiliano Dani Alves, lo scorso 30 dicembre nella discoteca Sutton di Barcellona, ha deciso di rinunciare all’indennizzo economico cui avrebbe diritto nel caso in cui il calciatore fosse riconosciuto colpevole. La giovane vuole così sgombrare il campo da qualunque dubbio o accusa di avere agito contro un personaggio famoso come Alves solo per acquisire visibilità o danaro.
Secondo la denunciante, il calciatore l’avrebbe palpeggiata senza il suo consenso, violentata, obbligata a un rapporto orale, insultata e schiaffeggiata. Subito i gestori del locale hanno applicato il protocollo in caso di aggressioni sessuali, chiamando i Mossos d’Esquadra che l’hanno accompagnata all’ospedale di Barcellona Clínic, dov’è un centro specializzato in violenze sessuali. Lo scorso 20 gennaio, Alves, che nel frattempo era tornato in Messico dove giocava nella squadra Pumas, veniva convocato a Barcellona dalla polizia catalana e quindi arrestato. Le contraddizioni nel suo interrogatorio in cui ha negato ogni violenza, le testimonianze delle altre due ragazze che accompagnavano la presunta vittima, il racconto dei gestori del locale e le camere di sicurezza in esso installate, convincevano quindi la giudice del Tribunale 15 di Barcellona a decretarne l’ingresso in prigione preventiva senza cauzione.
La squadra Pumas ha stracciato il contratto con Dani Alves, la famiglia ha affidato la difesa del proprio congiunto allo studio di Cristóbal Martell, famoso per aver difeso nel passato Leo Messi e la famiglia Pujol. Xavi Hernández, ex calciatore del Barça e attuale allenatore dei blaugrana, in un primo momento ha manifestato il suo sostegno al vecchio compagno di squadra, suscitando grande scandalo nel barcellonismo e nell’opinione pubblica catalana. Ha quindi dovuto rettificare, esprimendo la propria solidarietà alla presunta vittima. In Catalogna, a giorni verrà applicato, in diversi locali notturni, il protocollo internazionale Ask for Angela, Chiedi di Angela, prevedendo l’adozione di misure di sicurezza per una maggiore protezione delle clienti.
La donna che ha denunciato la presunta aggressione ha quindi rinunciato al diritto che il Codice penale le riconosce di essere risarcita per il danno inflittole. Succede spesso in caso di aggressioni sessuali e un po’ in tutti i paesi, sostengono le esperte giuriste, della salute sessuale e le associazioni di donne. Perché le vittime avvertono su di sé il peso dello stereotipo che le vuole poco credibili e interessate solo ad arricchirsi alle spalle di uomini famosi. Un danno per loro, che spesso devono ricorrere a trattamenti psicologici di lunga durata. D’altra parte, anche nel caso in cui la condanna dell’aggressore preveda un risarcimento della vittima, questo è spesso molto basso: secondo uno studio del Grupo Antígona del 2020, il 60% delle sentenze di condanna prevede indennizzi inferiori ai 6.000 euro. Con la nuova legge del Solo sì è sì la situazione dovrebbe cambiare, perché riconosce per la prima volta il diritto alla riparazione delle vittime di violenza sessuale, stabilendo alcuni parametri di riferimento.
Dopo gli 11 femminicidi del dicembre scorso e un inizio d’anno drammatico con quattro donne uccise in 24 ore, si allunga la lista in Spagna delle donne assassinate dai loro compagni. Le ultime due vittime mortali sono una donna di 46 anni e sua figlia di otto. E venerdì prossimo tornerà a riunirsi il Comitato di crisi spagnolo contro la violenza di genere.
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