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Residence a 5 stelle. E il diritto allo studio è solo un optional

Residence a 5 stelle. E il diritto allo studio è solo un optionalUn momento della manifestazione di protesta all'Università di Padova, Maggio 2023 – Ansa

Fuori campus Ai privati la maggior parte dei soldi stanziati dal Pnrr. Senza vincoli sui canoni (altissimi) e sulla destinazione

Pubblicato più di un anno faEdizione del 15 luglio 2023

Scadono in questi giorni i bandi per posti letto dei due principali gestori privati di student housing in Italia, Camplus e Campus X, finanziati con i fondi del Piano di ripresa e resilienza. Il Pnrr mira a incrementare i posti per studenti fuorisede da 40mila a 60mila entro il 2026 con uno stanziamento di 960 milioni di euro.

Camplus e Campus X hanno finora ottenuto la maggior parte dei fondi pubblici stanziati, quasi 300 milioni, con i primi due bandi di attuazione del Pnrr. Camplus si è aggiudicata 106 milioni per 23 residenze, Campus X 79 milioni per 7 residenze. Tutti gli enti pubblici che hanno partecipato beneficiano solo di 77 milioni di euro. Infatti degli oltre 9mila posti finora ammessi a cofinanziamento tre quarti sono privati, secondo l’Unione degli Universitari (Udu). Ma per questi posti non c’è alcun vincolo sui canoni o sulla destinazione a studenti nelle graduatorie degli enti per il diritto allo studio. Sarebbero questi i nodi al centro delle richieste di chiarimento della Commissione europea, richieste che stanno ritardando l’erogazione della terza rata da 19 miliardi.

LE TARIFFE APPLICATE da Camplus e Campus X per i posti finanziati con il Pnrr sono più alte di quelli di mercato. Si va da 800 euro al mese per una singola nel Camplus Cottanello a Roma, a 2.150 euro al mese per uno «studio prime duplex» al Camplus X di Milano-Bicocca. Al Camplus Santa Marta a Venezia una singola costa fino a 900 euro al mese. Ancora, 870 euro al mese per una singola occupata tutto l’anno nel Campus X di Mestre, dove la società madre, la Restudent, ha acquistato un edificio con 22 milioni di euro del Pnrr. I canoni di Campus X diminuiscono con l’aumento della permanenza, ma restano altissimi: a Milano Bicocca per 12 mesi il canone mensile è di 1.700 euro.

Sono questi posti che sarebbero stati creati con la prima fase della misura del Pnrr per il «diritto allo studio», conclusa lo scorso febbraio. Il primo target prevedeva infatti la creazione e assegnazione di almeno 7.500 nuovi posti per studenti fuorisede entro febbraio 2023. Ma i posti realmente nuovi sarebbero solo 4.350; gli altri sono alloggi già esistenti e operativi rendicontati come nuovi. «L’obiettivo di realizzare 7.500 posti letto ci risulta pertanto raggiunto soltanto per il 58%» scrivono la Cgil e l’Udu in una segnalazione inviata alla Commissione europea per chiedere la verifica delle modalità di raggiungimento del target Pnrr dichiarato raggiunto.

Anche Fabio Massimo Castaldo, europarlamentare del M5S, ha presento un’interrogazione alla Commissione in merito. I fondi del Pnrr sono stati usati per l’acquisto e la locazione di edifici che già ospitavano alloggi per studenti, che restano di proprietà privata se acquistati, e che sono soggetti a vicolo d’uso di 9 anni.

SECONDO DATI DEL MUR illustrati in un webinar a maggio, da cui risultano omessi alcuni interventi privati ammessi a finanziamento, i soggetti privati che hanno beneficiato di fondi pubblici avrebbero destinato il 20% dei posti al diritto allo studio, ovvero a studenti anche in base al reddito. Ma quel dato sembra più una previsione che un risultato. Prima della riforma prevista dal Pnrr i bandi imponevano ai privati l’assegnazione di questa quota di posti a studenti «privi di mezzi», ma nei decreti di attuazione del Pnrr la percentuale è stata sostituita dalla dicitura «prioritariamente». «Il ministero ci rassicura affermando che il 20% dei posti letto dei privati sono destinati al diritto allo studio» scrive l’Udu. Si tratterrebbe di appena 1.260 posti privati su 8.581 totali realizzati dichiarati dal ministero. «Tali rassicurazioni non sono accompagnate da prove oggettivamente verificabili» scrivono Cgil e Udu alla Commissione Ue.

NEI FATTI, I BANDI di Camplus e Campus X non prevedono quote di posti per il diritto allo studio: Campus X assegna i posti in base al merito mentre Camplus, che assegnerà i posti dal 1 settembre, rimanda ai bandi degli enti pubblici per il diritto allo studio che escono in autunno, dopo i risultati dei test di ammissione ai corsi ad accesso programmato. La discrepanza con il calendario accademico riguarda anche la durata dei contratti di locazione: se le locazioni studentesche durano di solito 9 mesi, i bandi Camplus e Campus X prevedono contratti per 12 mesi. Ma solo gli studenti più benestanti potranno pagare per alloggi di cui potrebbero non aver bisogno nel periodo estivo.

I costi molto alti degli alloggi negli studentati privati sarebbero giustificati dall’offerta di servizi come le pulizie, il cambio lenzuola, la palestra, il portierato. Secondo Massimo Bricocoli, direttore dei Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano (dove era partita la protesta degli studenti) e dell’Osservatorio Casa Abbordabile di Milano, questo modello di residenzialità è sbagliato, non solo per motivi economici.

«È un modello di abitare totalizzante che trasforma la possibilità di un’esperienza di vita autonoma degli studenti (fuori sede e, in ogni caso, fuori dalla famiglia di origine) in qualcosa di controllato e istituzionalizzato. I servizi accessori che sono forniti dai gestori rendono le residenze universitarie sempre più simili a (costosi) residence in cui tutto si gioca all’interno, senza scambi reali con l’esterno e in cui il modello gestionale relega l’abitante a un cliente».

Secondo Bricocoli anche solo una sala lettura aperta al quartiere sarebbe importante per i giovani nella zona. «Difficilmente invece possiamo guardare agli studentati come a contesti generativi di relazioni o orientati a capacitare gli individui che li abitano. In fondo anche un servizio come il cambio delle lenzuola, considerato di base nelle convenzioni stipulate, fa pensare a una dimensione di istituzionalizzazione che rimanda alla casa di cura, all’ospedale». Più che a community, come si raccontano, gli studentati privati somigliano a istituzioni totali.

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