Torno, con fatica e disincanto, a parlare di Roma. Perché a me sembra che dopo Petroselli e Nicolini la storia di Roma somigli al movimento di un criceto costretto a girare permanentemente, e con grande dispendio di energia, sulla ruota senza produrre alcun avanzamento. Questa coazione a ripetere si trascina ad ogni amministrazione e questa atmosfera paludosa rischia di contaminare anche la nuova amministrazione capitolina.

In realtà quasi ogni giorno vengono annunciate nuove iniziative e progetti: la fascia verde per impedire ai veicoli inquinanti di entrare in città, la cosiddetta “foresta romana” di Tor Marancia a piazza dei Navigatori annunciata retoricamente come simbolo dell’architettura romana e di rigenerazione con tanto di parcheggio per 150 posti sul modello del bosco verticale di Boeri a Milano e il cui progetto è affidato all’archistar Cucinella, i lavori per il Giubileo 2025 con il progetto di un nuovo porto turistico croceristico a Fiumicino (leggi grandi navi), la candidatura a sede di Expò 2030 (osteggiata Da Macron che tifa per Riad), in concorrenza con la Corea e L’Arabia Saudita, l’ennesima riproposizione dello stadio della Roma, questa volta a Pietralata, quadrante urbano annunciato strategico per la città. Tutti questi, per ora annunci, formano la cosiddetta rigenerazione urbana che va dall’inceneritore alla foresta romana.

Per il 27 di questo mese è previsto un convegno di idee e proposte per una città più giusta ed ecologica promosso da Sinistra Italiana cui parteciperà Gualtieri; speriamo che in questa sede emerga finalmente un progetto organico della città. Quanto all’ecologia i progetti annunciati non sembrano essere in linea con una visione alternativa come ci si aspetterebbe, anzi.

Intanto per il momento nessuno vede i benefici annunciati. I cassonetti continuano ad essere stracolmi, il traffico caotico; della nuova metro non si hanno più notizie, scomparsa nei misteriosi sottosuoli della capitale insieme alle sue rovine, fila alle fermate dei mezzi pubblici, affitti alle stelle per migliaia di studenti, cementificazione senza fine oltre il raccordo anulare (per effetto delle compensazioni), nuove costruzioni che non diminuiscono il fabbisogno di case popolari (perché destinate ai ceti medio – alti), demolizione di vecchi villini storici anche nel centro della città.

Raramente qualche buona notizia (per esempio, è di qualche giorno fa l’approvazione del Piano strategico per il diritto all’abitare) che però rappresenta un segnale isolato, ancora troppo debole per chi aspetta un cambiamento che non arriva. Che sia una città stregata? Dove nonostante le buone intenzioni (quando ci sono) tutto finisce nel nulla e la città continua a dimenarsi nei suoi mali storici? E’ del 1970 la lettera-denuncia di don Sardelli sui mali della città indirizzata al Sindaco di Roma; potremmo quasi rileggerla oggi come documento di attualità.

Eppure la città è un fermento di associazioni giovanili, di gruppi di militanti, di giovani attivisti che producono incessantemente nuova cultura, nuova economia, spazi creativi, nuovi e interessanti musei, recupero di vecchi edifici abbandonati, occupazioni di terre incolte, orti urbani, tentativi di apertura di nuovi cinema, eventi culturali che rappresentano la vera anima della città morente.

E tuttavia questi segnali, quasi mai raccolti dall’amministrazione, non raggiungono la gran parte della popolazione la cui rassegnazione si rafforza, soprattutto nelle periferie lontane; quando devi aspettare ore alle fermate degli autobus, quando scopri che alcune corse sono state soppresse, quando la metro si ferma (fenomeno ormai quasi quotidiano), le scale mobili non funzionano, quando vedi ammassati rifiuti che coprono i cassonetti, quando tende vengono innalzate dagli studenti nelle università a causa del caro affitti.

Si parla di economia circolare e intanto si discute su dove mettere il nuovo inceneritore che ogni buona metodologia scientifica pone alla fine della raccolta differenziata e non all’inizio. Si invocano e si inaugurano nuovi parcheggi nel centro (a Via Giulia per esempio, o a Piazza dei Navigatori nella “foresta romana”) quando tutti sanno che serviranno solo ad incrementare la motorizzazione privata e non certo a ridurla.

Tutti possono vedere come il degrado della città anziché diminuire, aumenta (o almeno resta tale) di amministrazione in amministrazione e questo certamente contribuisce alla già storica rassegnazione del popolo romano (già incline al catastrofismo) ormai abituatosi a non credere più alle promesse fatte in periodo elettorale. Attraversare la città, andare da un punto all’altro, richiede ormai una notevole dose di energia e di tempo oltreché un fisico robusto come se si attraversasse una foresta (questa sì tipicamente romana) o si concorresse ad una gara estrema di sopravvivenza.

Ci sono però, in questa storia di immobilismo, anche coloro che, purtroppo, non stanno mai fermi: le lobbies degli immobiliaristi, dei costruttori, dei faccendieri che sui mali di questa città continuano indisturbati a fare affari proponendo nuove opere, più cementificazione, più modernizzazione, preparando il destino della città a prossime sciagure come avvenuto in Emilia Romagna. Loro sono gli indiscussi attori della città quale che sia il colore dell’amministrazione, e godono della sua disfatta.