I ragazzi di Napoli e la sfida di vivere su una «corda tesa»
I temi Giovani uccisi da coetanei: dai patti educativi al modello Caivano, le risposte inadeguate dello Stato. Sabato assemblea pubblica convocata da Libera
I temi Giovani uccisi da coetanei: dai patti educativi al modello Caivano, le risposte inadeguate dello Stato. Sabato assemblea pubblica convocata da Libera
Sei mesi fa C. e R., 15 anni, sono stati protagonisti di un fatto di cronaca a Bagnoli. Durante una serata in discoteca sono stati accoltellati perché uno dei due aveva calpestato le scarpe per errore a un coetaneo. Poche settimane prima un loro amico, di poco più grande, aveva rischiato la vita per un proiettile vagante, che solo «per fortuna» gli si era conficcato nel braccio. Non era neppure ora di cena, e il fatto è accaduto nel centro di Bagnoli, un quartiere popolare ma piuttosto vivo e che mostra una certa eterogeneità sociale. C., R. ed M. sono tre ragazzi «normali» che, come la maggior parte dei ragazzi della città, vanno a scuola o a lavorare, giocano a calcio, a tratti hanno una fidanzata, bevono l’alcool scadente che gli adulti gli vendono, fumano qualche canna e prima di andare a dormire prendono sempre al bar un cornetto e un latte al cioccolato.
UGUALI E DIVERSE dalle loro, nei mesi precedenti e successivi a queste due vicende, abbiamo letto delle morti di Francesco Pio, Gennaro, Emanuele, Santo, prima ancora Annalisa, Davide, Ciro, Ugo, e potremmo andare a ritroso per molto nelle cronache partenopee. Tre morti sono avvenute solo quest’autunno. Le ultime due in corso Umberto a Napoli, a fine ottobre, dove un quindicenne, incensurato, è rimasto vittima di una sparatoria tra due gruppi di giovanissimi, tutti, pare tra i 13 e i 20 anni; e a San Sebastiano al Vesuvio, dove un diciannovenne è stato ammazzato dopo un litigio per futili motivi (ancora una volta, sembra, una scarpa sporca). Come sempre accade in questi casi, la città è piombata in una psicosi che non serve a nulla se non a giustificare interventi emergenziali che non hanno alcuna incidenza sul reale, se non addirittura lo peggiorano.
DUE MESI FA, durante la commemorazione di Davide Bifolco (sedicenne ucciso nel 2014 da un carabiniere in servizio mentre scappava su un motorino per non farselo sequestrare), Cesare Moreno, maestro di strada, raccontò dell’esigenza quasi biologica degli adolescenti di «sperimentare il pericolo», qualcosa di simile a quando i figli dei circensi, una volta che gli viene chiesto cosa vorrebbero imparare a fare, dicono quasi tutti: camminare sul filo. Naturalmente, quando scendi di casa con un coltello in tasca, quando vai alla ricerca di un litigio ogni sabato, ma anche quando ti frapponi tra due coetanei che stanno per darsele non c’è la rete sotto, e forse il filo è pure legato male ai sostegni. Ma devi comunque prima annusarlo il pericolo, per capirlo ed evitarlo.
TUTTO DIVENTA COMPLICATO se il pericolo ti avvolge e progressivamente ti sopraffà. Chi ha un po’ di contatto col mondo dei ragazzi sa che oggi una pistola costa 700 euro, ma puoi anche farne modificare una finta da 150 euro; anche i «bravi ragazzi» escono portando con sé un’arma («per difendermi» o perché «magari se lui caccia il coltello e lo caccio pure io, lui si mette paura e ce ne andiamo ognuno per i fatti suoi»). Naturalmente la colpa non è di un improvviso imbarbarimento collettivo, quanto piuttosto della violenza quotidiana, la militarizzazione degli spazi pubblici, l’esclusione dalle città dei più giovani (soprattutto quelli che non hanno «possibilità» di consumare), l’assenza di luoghi dove passare il tempo facendo cose e di educatori sensibili ai loro destini, un contesto che non può che incattivire i più giovani, frustrare le loro aspirazioni e i loro desideri, contribuire a un isolamento che anche la scuola alimenta, confinando ai margini gli studenti «difficili». Il tutto, senza alcuno sforzo di creare comunità di coetanei che possano valorizzarne le attitudini, le peculiarità, i limiti.
PER QUELLI CHE SBAGLIANO «sul serio», infine, dopo le piogge di soldi, i patti educativi e gli interventi spot, l’unica risposta che abbiamo trovato è la carcerazione, come da un recente decreto che porta il nome di un paesino in provincia di Napoli, dove la violenza dei ragazzi era esplosa in maniera più scioccante che altrove, innescando il «pugno duro» dello Stato. Antigone denuncia: «A 365 giorni di distanza facciamo il punto sulle ricadute negative che il decreto Caivano ha avuto sul sistema della giustizia minorile, portando sovraffollamento, aumento della custodia cautelare, un modello criminalizzante, carcerocentrico e purtroppo privo di prospettive».
I POCHI ADULTI che hanno la pazienza e la disponibilità di stare ad ascoltare questi ragazzi sanno bene che, esattamente come i grandi, questi bruciano le giornate (spesso le nottate) chattando, giocando o semplicemente guardando video idioti sul cellulare; a scuola hanno difficoltà a seguire le lezioni perché fin dall’inizio, per molti di loro, si è rinunciato a costruire le fondamenta di un’alfabetizzazione degna di questo nome; fanno un uso smodato della pornografia perché ne sono bombardati da ogni direzione; pensano che l’unico modo per risolvere i conflitti sia usare la violenza o soccombere. Ma i ragazzi non sono adulti, e inevitabilmente la situazione sfugge di mano. Nelle ultime settimane C. e R., i due ragazzini accoltellati a Bagnoli, hanno lanciato diversi segnali al mondo adulto che non sta facendo nessuno sforzo per aiutarli a trovare delle risposte.
LIBERA CAMPANIA ha indetto un’assemblea pubblica a cui parteciperanno associazioni ed enti del terzo settore, sabato mattina alle 10. Quanto di meglio sappiamo fare noi adulti, organizzare fiaccolate quando è troppo tardi, alimentando una contrapposizione tra baby gang e bravi ragazzi che sta solo nelle nostre teste, senza alcun tentativo di compattare una comunità, costruire ponti e strade migliori, individuare canali di comunicazione per farci comprendere da loro, aiutarli a vivere il presente per cambiare il futuro.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento