Comunalismo non è una parola molto in uso nel vocabolario italiano. Ma in quello indo-britannico il suo significato è fin troppo chiaro: uno scontro tra comunità che ha alla base un’idea che sconfina nel nazionalismo e nel suprematismo e che ha sempre dato origine nel subcontinente indiano a scontri violenti soprattutto tra indù e musulmani.

QUESTO SPETTRO è tornato ad aggirarsi in India da quando il partito nazionalista indù, Bharatiya Janata Party (Bjp), è al governo del Paese ma, nei giorni scorsi, sembra aver raggiunto la sua peggior espressione: dopo gli insulti alla comunità musulmana con le offese al Profeta rivolte da una portavoce del partito, le proteste di massa e diplomatiche, si è passati a episodi estremi della violenza di Stato.

Non solo per la repressione nelle strade (con vittime) e nelle caserme ma addirittura con l’abbattimento delle case dei militanti musulmani. Immagini che assomigliano alle pratiche usate da Israele nei territori occupati e dunque alla peggior mortificazione che si possa imporre a una comunità. L’episodio più grave è di domenica, quando le autorità di Prayagraj (Uttar Pradesh, nota anche come Allahabad) hanno demolito la casa della famiglia di Afreen Fatima, un’attivista musulmana. Foto e video della palazzina a due piani in macerie hanno fatto il giro del mondo. Almeno altre due case di musulmani sarebbero state abbattute nel fine settimana. «Una vendetta contro la mia famiglia», ha detto la giovane.

TUTTO È INIZIATO il 27 maggio con le dichiarazioni incendiarie su Maometto e l’età della sua terza moglie Aisha, di Nupur Sharma – portavoce del partito – che i musulmani hanno bollato come insulti fanatici e offensivi per tutta la comunità religiosa. Poi l’ex capo a Delhi della comunicazione del Bjp, Naveen Kumar Jindal, ha rincarato la dose insistendo sulle preferenze sessuali del profeta.

QUANDO LA REAZIONE popolare, unita all’indignazione espressa da una quindicina di Paesi musulmani per la via diplomatica, ha cominciato a crescere, il 5 giugno il partito ha sospeso Sharma ed espulso Jindal, dicendo che i loro commenti – rapidamente ritirati – non riflettevano le opinioni del Bjp. E la polizia della capitale ha aperto un dossier sul caso per “istigazione all’odio”. Ma per i musulmani non era abbastanza e avrebbero voluto vederli in prigione, richiesta gridata nelle manifestazioni proseguite, prima del week end, dopo la preghiera rituale di venerdi scorso.

In un clima sempre più teso, la protesta è diventata rapidamente violenta – soprattutto a Prayagraj – anche perché la repressione è stata durissima: due morti a Ranchi nello Stato orientale del Jharkhand, decine di feriti e centinaia di arresti in diverse altre città di un Paese dove la comunità musulmana conta oltre 200 milioni di persone su una popolazione di 1 miliardo e 4.

QUANTO ALLA CASA di Afreen Fatima, la polizia sostiene che la casa era una costruzione illegale ma anche che il padre, Javed, sarebbe stato il pianificatore delle violenze. E le autorità del Bjp non sembrano voler fare ulteriori passi indietro: «Ricordate che ogni venerdì è seguito da un sabato», ha twittato nel week end – con la foto di un bulldozer – Mrityunjay Kumar, consigliere per i media del Chief Minister dello Stato Adityanath, un monaco indù del Bjp. La demolizione di case o negozi di musulmani ha purtroppo dei recenti precedenti nello Stato dell’Uttar Pradesh e Adityanath è infatti noto anche come “Bulldozer Baba”. Un clima tesissimo dunque e che, dopo anni di governo ultraidentitario, sta producendo frutti avvelenati dentro e fuori il Paese.

UN EDITORIALE IERI del quotidiano progressista pachistano Dawn lo spiegava così: «Il mostro dell’Hindutva (l’induità, alla base dell’ideologia del Bjp ndr) ha divorato le viscere del secolarismo indiano per decenni. L’estrema destra dell’India non ha mai accettato i suoi cittadini musulmani, considerandoli come eterni “estranei”, eredi spirituali di invasori stranieri che inquinano il carattere “puro” del rashtra (nazione ndr) indù… Lo stato indiano deve prendere provvedimenti immediati per porre fine alla repressione dei musulmani e frenare le forze dell’odio che fanno del loro meglio per accendere il fuoco del comunalismo».