Internazionale

L’Hindu Kush che si sta sciogliendo, una catastrofe pakistana alla Cop29

Preghiera per le vittime delle inondazioni che hanno colpito il nord-ovest del Pakistan alla fine dello scorso luglioPreghiera per le vittime delle inondazioni che hanno colpito il nord-ovest del Pakistan alla fine dello scorso luglio – Muhammad Sajjad /Ap

Un brutto clima Il premier Shehbaz Sharif ha illustrato al summit di Baku le conseguenze devastanti del progressivo scioglimento che interessa la più grande distesa glaciale al mondo al di fuori dell’Artide e dell’Antartide

Pubblicato circa un'ora faEdizione del 17 novembre 2024

Lo studio sulla criosfera del 2024, pubblicato in occasione della Cop29 in corso a Baku ha messo in luce l’urgente bisogno di ridurre le emissioni per salvare i ghiacciai, che si stanno sciogliendo a grande velocità a causa del riscaldamento globale. Se le emissioni non verranno limitate, l’Hindu Kush Himalaya, la più grande distesa glaciale al mondo al di fuori dell’Artide e dell’Antartide nonché sorgente dei più importanti fiumi dell’Asia, potrebbe sciogliersi completamente. Negli ultimi dieci anni,  si è ridotto del 65% rispetto al decennio precedente, e si stima che questo numero continuerà a crescere.

Secondo il Global Climate Risk Index, il Pakistan è tra i dieci paesi più vulnerabili al mondo a causa del clima. Negli ultimi anni, il paese ha affrontato intense piogge monsoniche, ondate di caldo, e devastanti inondazioni dovute allo scioglimento di laghi glaciali. Oltre 800 mila pakistani vivono nei pressi dell’Hindu Kush, il cui rapido scioglimento provoca improvvise inondazioni che rappresentano un pericolo per queste popolazioni e i loro mezzi di sostentamento.

Secondo l’International Centre for Integrated Mountain Development (Icimod), i ghiacciai dell’Asia meridionale rischiano di perdere circa il 75% del loro volume entro la fine del secolo a causa del riscaldamento globale. Tra il 2018 e il 2021, il Pakistan ha registrato 14 inondazioni, che sono salite a 75 nel 2022. Se non si ridurranno le emissioni, milioni di persone, soprattutto nelle regioni a valle, subiranno gravi conseguenze legate alla scarsità delle risorse idriche, al calo della produzione di energia idroelettrica e alle migrazioni indotte dal clima.

Durante la Cop29, il primo ministro pakistano Shehbaz Sharif ha presentato alla comunità internazionale le conseguenze disastrose che il cambiamento climatico sta avendo sul paese, ricordando le devastanti inondazioni monsoniche del 2022, che hanno provocato 1.700 morti, sfollamenti di massa, distruzione di case e raccolti, e una perdita di 30 miliardi di dollari per l’economia pakistana. Nel suo intervento il premier ha sottolineato che il paese, seppur contribuendo solo minimamente alle emissioni a livello globale, risulta tra i paesi più colpiti dal cambiamento climatico.

Lo scorso anno è stato approvato un piano nazionale per la transizione all’energia rinnovabile, il Green Pakistan Project (“Progetto verde del Pakistan”), un piano su larga scala volto ad introdurre veicoli elettrici e un sistema di trasporto pubblico nelle principali città pakistane. “Vogliamo mantenere l’impegno di produrre il 60% dell’energia da fonti rinnovabili e di convertire il 30% dei mezzi circolanti in veicoli elettrici entro la fine di questo decennio”, ha dichiarato Shehbaz al summit.

Tuttavia, il Pakistan non può far tutto questo da solo, e necessita degli aiuti internazionali per raggiungere le sue ambizioni. I paesi in via di sviluppo come il Pakistan, calcola Shehbaz, avrebbero bisogno di circa 6,2 bilioni di dollari entro il 2030 per implementare e portare a termine metà dei loro piani nazionali (Nationally Determined Contributions) di contrasto all’aumento delle temperature. Un tale finanziamento non solo aiuterebbe il Pakistan a fronteggiare gli impatti del cambiamento climatico e a sostenere la transizione ecologica ma soprattutto garantirebbe un futuro a milioni di famiglie pakistane, oggi senza dimora e mezzi di sostentamento, in cerca di un nuovo inizio.

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