Image Forum Festival, il cinema inesplorato
La kermesse itinerante in Giappone, dedicata quasi esclusivamente al cinema sperimentale e d’avanguardia
La kermesse itinerante in Giappone, dedicata quasi esclusivamente al cinema sperimentale e d’avanguardia
Arrivato alla sua trentottesima edizione, l’Image Forum Festival, non è solo uno dei più longevi eventi festivalieri dell’arcipelago, ma anche il più grande e celebrato dedicato quasi esclusivamente al cinema sperimentale e d’avanguardia in Giappone. Un’altra particolarità del festival è quella di essere itinerante, dopo la fine delle proiezioni a Tokyo in ottobre, quest’anno fra il dieci e il diciotto, successivamente si è spostato in novembre nelle città di Nagoya, Giappone centrale, e Kyoto.
Questa edizione ha visto la partecipazione di novantanove lavori suddivisi in ventidue programmi e come da quasi un decennio a questa parte, la categoria principale, East Asian Experimental Competition, è stata dedicata a opere provenienti da zone quali Taiwan, Corea del Sud, Hong Kong, Cina e naturalmente Giappone. Il riconoscimento principale, Grand Prize, è andato a Republic, documentario del cinese Jiang Jin, già passato alla Berlinale e girato interamente in una stanza di una grande città, forse Pechino, dove si raggruppano giovani e giovanissimi per fumare, fare l’amore, provare nuove esperienze. Il regista con la sua piccola videocamera è riuscito a catturare i colori lisergici che animano lo spazio e le infinite discussioni che si sono sviluppate al suo interno, un luogo che funziona anche come appartamento per il ragazzo che mantiene vivo il posto. Proprio l’arco narrativo del «padrone di casa», da figlio dei fiori che supporta il capitalismo e il governo cinese a ragazzo più maturo che si scontra con la realtà della malvagità umana, del debito, della tirannia del governo e della fine del sogno cosmico hippie, è la parte più interessante del lavoro.
Le varie declinazioni del documentario e i significati che il termine può assumere, specialmente quando si mescola con il cinema sperimentale, sono state quindi alcune delle linee guida che hanno orientato l’edizione di quest’anno del festival. Un altro premio, sempre nella sezione dall’Asia orientale, è andato a She Crossed della cinese Daisy Ziyan Zhang, un delicato racconto diaristico dell’incontro, avvenuto negli Stati Uniti, tra la regista e una donna colombiana che lavora come addetta alle pulizie in un alloggio per studenti. La casualità del loro incontro sfocia e si trasforma in una sincera amicizia, attraverso la quale la donna confessa la tragedia che le ha tolto la figlia diciassettenne ed il suo desiderio di ritornare in Colombia. Nella stessa sezione ha spiccato la partecipazione di uno dei grandi cineasti sperimentali giapponesi degli ultimi quarant’anni, Takashi Ito. Se negli anni ottanta e novanta la sua produzione, quella per cui è più famoso come Spacy, Thunder, Ghost o Zone, si concentrava ed esplorava l’atto di creazione dell’immagine in movimento, nell’ultimo decennio i suoi lavori hanno decisamente virato verso un diverso tipo di sperimentazione. All’Image Forum Festival Ito ha portato Distant Voices, un mediometraggio in cui due ragazzine si muovono in un paesaggio fatto di rovine o di zone liminali, tra sottopassi, case abbandonate e pale eoliche dove è completamente assente la presenza umana. Se lo stile è quello quasi lirico e quotidiano di un Apichatpong, rimane centrale in Ito la ricerca del significato dell’atto fotografico e filmico, qui messo in connessione con riflessi, ombre, presenze fantasmatiche e doppi.
Sempre per sondare le possibilità dell’incontro fra cinema di non-fiction e approccio sperimentale, una sezione ha presentato cinque lavori usciti da Light Cone (Atelier 105), l’organizzazione francese dedicata alla distribuzione, promozione e restauro del cinema sperimentale, Cénotaphe, Corps Samples, Rapture in the Real, The Oasis I Deserve e Intermède. Mentre quest’ultimo, girato in un piccolo porticciolo dove vediamo i movimenti del materiale usato per far andare le navi in mare, ricorda i primi lavori di Sergei Loznitsa, The Oasis I Deserve esplora le possibili relazioni fra umani e chatbot, intelligenze artificiali che mimano e sostituiscono la presenza umana nelle conversazioni online. Più focalizzati verso l’ibridazione fra performance e cinema, cinque lavori con al centro il concetto di corpo umano, tutti provenienti dal Jumping Frames Hong Kong International Movement-image Festival. Fra questi, da sottolineare almeno This is a Chicken Coop, cortometraggio-performance che mette in scena corpi nudi in spazi industriali e rurali, realizzato da Er Gao nel 2016.
Ogni edizione dell’Image Forum Festival dedica spazio alla (ri)scoperta di opere, artisti o gruppi che in un modo o nell’altro hanno contribuito a fare la storia del cinema sperimentale. Quest’anno è stata la volta del giapponese Kiyoshi Awazu, più conosciuto come scenografo e designer, ma che ha anche realizzato alcuni cortometraggi e gli affascinanti trailer per i film di Hiroshi Teshigahara negli anni sessanta e settanta, come La donna di sabbia, Otoshiana (Pitfall) o Tanin no kao (The Face of Another). Uno speciale ha presentato anche alcuni lavori dell’americano Pat O’Neill, fra questi Water and Power, uno dei suoi picchi come regista sperimentale, ricordiamo che ha lavorato anche negli effetti speciali per grandi produzioni, una poetica e formalmente impressionante messa in scena della città di Los Angeles. Un’altra mini retrospettiva ha invece presentato alcuni dei cortometraggi prodotti dallo studio animato indipendente IKIF in occasione del suo quarantacinquesimo anniversario. Fondato nel 1979 da marito e moglie, Tokumitsu Kifune e Sonoko Ishida (da cui il nome Ishida Kifune Image Production), la loro produzione ha attraversato molte delle possibilità offerte dall’animazione, da lavori video a stop-motion, da mandala ispirati alla tradizione buddista a figure realizzate sulla sabbia.
Evento allestito solo nella capitale giapponese è stato il Rooftop «Live» Theater, una serie di proiezioni notturne all’aperto organizzate in cima ad un grattacielo di Shibuya, a 229 metri di altezza, dove sono stati presentati lavori legati al tema spaziale, astrale o cosmico. Fra questi il classico Powers of Ten di Charles Eames del 1977, il deleuziano Rhizome (2015) del francese Boris Labbè, l’animazione psichedelica di Mirai Mizue Eternity (2022) e uno dei più importanti film sperimentali giapponesi degli ultimi cinquant’anni, Heliography (1979) di Hiroshi Yamazaki.
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