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Olanda: torna la minaccia immigrazione, il clima resta in panchina

Olanda: torna la minaccia immigrazione, il clima resta in panchinaAmsterdam, la manifestazione per il clima del 13 novembre – Ap

Elezioni All’indomani dei sanguinosi attacchi di Hamas, la scommessa su cui Rutte aveva fatto inciampare la sua coalizione, un’astrusa politica migratoria, sembra dare di nuovo i suoi frutti. E il Vvd potrebbe farcela anche stavolta

Pubblicato 11 mesi faEdizione del 22 novembre 2023

Da osservatori esterni si potrebbe pensare che le elezioni olandesi siano focalizzate sulla protezione della natura dalle emissioni di gas provenienti dalla concentrazione record di bestiame nelle zone rurali dei Paesi bassi. Dopotutto, è su questo che erano interamente incentrate le elezioni provinciali del 15 marzo, il cui esito è stata una schiacciante vittoria del cosiddetto Farmers Citizen Movement (Bbb) creato precisamente per proteggere la “macchina proteica” estremamente efficiente costruita sui 650 milioni di animali da produzione che annualmente si concentrano nei Paesi bassi. Alla radice anche, plausibilmente, del collasso del quarto gabinetto Rutte quattro mesi dopo.  

Eppure dal 7 ottobre, all’indomani dei sanguinosi attacchi di Hamas ai kibbutz vicino al confine con Gaza, la scommessa su cui Rutte aveva fatto inciampare la sua coalizione, un’astrusa politica migratoria, sembra ora tornare a dare i suoi frutti.

L’intento era di spostare il campo di battaglia politica dal clima all’immigrazione. Il primo richiedeva una visione a lungo termine e l’intervento dello stato, qualità in contraddizione con il temperamento di Rutte; la seconda è la solita storia, specialmente per il partito di Rutte, il People’s Party for Freedom and Democracy (Vvd), che deve tutte le sue vittorie elettorali dell’ultimo ventennio alla retorica anti-immigratoria in cui rifugiati, Islam e terrorismo formano un cocktail tossico. 

Inizialmente, era sembrato che l’azzardo di Rutte gli si fosse rivoltato contro. La neonata alleanza di Verdi e Socialdemocratici (Gl/PvdA) ha trasferito il “vecchio elefante” Frans Timmermans – lodato per i suoi sforzi, da commissario europeo, per far approvare il Green Deal – da Bruxelles all’Aia nel tentativo di galvanizzare il crescente disagio per il cambiamento climatico fra gli elettori olandesi con un titolo di studio. I sondaggi suggerivano che Timmermans potesse seriamente mettere in pericolo le possibilità della successora di Rutte, Dilan Yesilgoz-Zegerius, ex rifugiata di origine curda nata in Turchia.

Mentre il Vvd è stato in testa ai Verdi per tutto il corso dell’anno, dalla nomina di Timmermans a leader del partito, la Sinistra unita si è trovata improvvisamente a un passo dal sorpasso del Vvd nei sondaggi.

Ma si è trattato di momento di gloria effimera per Timmermans. Perché a fine agosto un nuovo contendente è apparso all’orizzonte: il Nuovo contratto sociale (Nsc) di Pieter Omtzigt. Celebrato dagli elettori disillusi come un autentico tribuno, per aver combattuto contro la spietata tecnocrazia fiscale olandese colpevole di schiacciare sistematicamente i cittadini vulnerabili, Omtzigt era stato brutalmente accantonato dall’establishment politico, il che gli ha conferito un’aura di autenticità che, stando ai sondaggi,  gli sarebbe fruttata un vastissimo sostegno elettorale qualora avesse deciso di creare il proprio partito. 

Cosa che  Omtzigt ha effettivamente fatto il 22 agosto, con un programma incentrato sul rimediare all’erosione delle norme democratiche sotto il governo Rutte e rinvigorire il parlamento come luogo principale del potere politico. 

La decisione di Omtzigt ha radicalmente trasformato il panorama. Il Bbb, che per un breve momento dopo la sua vittoria a sorpresa era stato il partito favorito dai sondaggi, sembra il principale sconfitto.

Apparentemente, i cittadini disillusi che avevano votato in massa per il Bbb il 15 marzo, otto mesi dopo sentono che le proprie rimostranze siano in mani più capaci con il Nsc di Omtzigt.

Mentre l’attrattiva di Timmermans si è gradualmente spenta, i due partiti che nell’ultimo ventennio hanno politicizzato con successo l’irrazionale timore olandese del terrorismo islamico per mobilitare gli elettori in favore di un ticket anti-immigrati hanno preso il sopravvento. Il Freedom Party (Pvv) di Geert Wilders – noto per la sua smaccata islamofobia e il suo supporto incondizionato di Israele –  dall’ondata di preoccupazione ambientalista che ha circondato la vittoria del Bbb del 15 marzo ha guadagnato niente meno che 6 seggi nei sondaggi, due dei quali dopo gli attacchi di Hamas in Israele.

Lo stesso è accaduto con il Vvd di Yesilgoz. Da un minimo di 24 seggi nei sondaggi il giorno in cui Omtzigt ha lanciato il suo nuovo partito, il Vvd è ora di nuovo il favorito – poco al di sopra del Nsc – con 28 seggi, uno dei quali conquistato dopo l’attacco del 7 ottobre, seguito da una dichiarazione di supporto incondizionato a Israele da parte di Rutte.

La spiegazione di questa svolta risiede nel fatto che nella politica olandese la posizione sull’immigrazione islamica è stata, negli ultimi 20 anni, la cartina tornasole dell’affiliazione politica. È il risultato di una smodata attenzione dei media nei confronti di questo tema, da cui è emersa una narrativa in cui i migranti islamici vengono incolpati di tutto, quando in realtà i Paesi bassi sono perlopiù rimasti immuni dal terrorismo islamico e hanno uno dei sistemi di integrazione più efficaci dell’Unione europea. E nonostante il mercato immobiliare sia stato sconvolto principalmente da “immigrati” occidentali e studenti internazionali, e non dalla manciata di rifugiati islamici additati come responsabili.

Combinato a una tendenza a depoliticizzare ogni altra tematica – dal cambiamento climatico alle politiche economiche –  questo fa sì che agli elettori sia stato ancora una volta lasciato solo il tema dell’immigrazione (islamica) su cui orientare il proprio voto. 

Ed è qui che si inseriscono gli eventi post 7 ottobre. Ogni volta che si teneva una manifestazione pro-palestinese, che un migrante islamico sui media olandesi sosteneva la causa della Palestina, e ogni volta che un politico progressista chiedeva il cessate il fuoco, il veleno islamofobo infettava ulteriormente la campagna elettorale, accrescendo proprio il seguito dei due partiti che hanno costruito le loro campagne su parole d’ordine islamofobe: il Pvv di Wilders e il Vvd di Yesilgoz. 

Se da un lato è difficile prevedere – in un sistema elettorale proporzionale come quello olandese, dove non meno di 26 partiti si contendono il gradimento dell’elettorato – in che direzione andranno le trattative per formare le coalizioni, è evidente che a causa della guerra a Gaza il Vvd ha una buona opportunità di diventare ancora una volta il partito principale, facendo sì che ci sia un playoff fra i due principali sfidanti a destra e sinistra: il Nsc di Omtzigt e la United Left di Timmermans. 

Dato che la crisi del gas non sparirà tanto presto, e dato che la natura radicale della transizione che serve per affrontarla rende necessario un alto livello di partecipazione democratica, si dovrebbe concludere che normali elezioni non siano adeguate a generare questo tipo di partecipazione.

Dopo le elezioni di oggi, l’Olanda dovrà invece sperimentare delle forme di decisione democratica nuove, più dirette, che si tratti di referendum, consigli di cittadini, o di una riproposizione delle assemblee di cittadini condotte tra il 1981 e il 1983 per discutere il tema dell’energia nucleare note come il Dibattito sociale generale.

Il resto dell’Europa dovrebbe prestare attenzione. Perché anche altrove la democrazia parlamentare si dimostrerà incapace di fornire risposte ampiamente condivise su come meglio affrontare i temi urgenti del cambiamento climatico, del decadimento della natura, della perdita di biodiversità, e su come organizzare le transizioni su vasta scala necessarie per risolverli.

*Professore di geografia finanziaria all’Università di Amsterdam

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