«Solo grazie all’accesso allo studio le nuove generazioni potranno cambiare mentalità e con essa la gestione del nostro Paese. In quanto studenti dell’università di Bangui, purtroppo ancora l’unica di tutta la nazione, siamo speranzosi ma certo c’è anche molta delusione nel vedere come vanno le cose. E questo riguarda soprattutto la condizione delle ragazze: è fondamentale che possano avanzare negli studi senza subire molestie o dover andare a letto con un professore».

Così Rafiki Fariala, filmmaker e musicista, diceva a questo giornale poco prima della proiezione alla Berlinale nel 2022 del suo film d’esordio, Nous, étudiants!. Accolto ovunque con molto entusiasmo, arriva ora in prima visione su Fuori orario – Raitre, domenica 21 luglio, dalle 01.40 – che lo propone all’interno di una notte dal titolo Incontinente nero – Luci dall’Africa in cui saranno presentati anche The Sky Over Ribeira (2019) di Marco Martinelli, e Makongo (2020) di Elvis Saibi Ngaïbino.

MA COSA racconta Nous, étudiants? Sviluppato all’interno degli Ateliers Varan a Bangui, nella Repubblica Centrafricana, dove proprio grazie a questo progetto formativo negli ultimi anni è nata una generazione di registi (vi appartiene anche Ngaïbino col suo Makongo), la prima del Paese, intreccia le storie di quattro amici, fra i quali lo stesso Rafiki – gli altri sono Aaron, Nestor, Benjamin – studenti all’università di Bangui, la capitale della Repubblica Centrafricana, che vogliono diplomarsi in economia nella sfida di decidere il loro futuro.

O almeno ci provano perché studiare nel loro Paese è complicato, e senza soldi né senza protezioni potenti il rischio è di essere stritolati da un sistema corrotto di cui l’amministrazione scolastica, professori compresi, è complice.

Può accadere che i voti vengano dispersi o che si deve pagare per il diploma, e una volta ottenuto anche lì le prospettive di lavoro rimangono scarse. Ammassati nelle loro stanzette di un «campus» fatiscente dove si mischiano parole sul futuro, canzoni di rabbia contro le generazioni che continuano a occupare ogni potere, amori, disastri, lezioni in aule sovraffollate, i quattro ragazzi raccontano un desiderio di cambiamento che non si arrende pure se la vita prende piste inaspettate.

A coordinare i Varan a Bangui c’è il regista Daniele Incalcaterra (e la serata è introdotta da un incontro con lui) insieme a Boris Lojkine anche produttori del film, nella scommessa di un cinema africano indipendente, i cui sguardi si sottraggono alle aspettative dell’occidente per affermare invece una prima persona che si mette in gioco, rompe stereotipi e luoghi comuni sull’Africa, inventa una narrazione a più voci di umorismo, emozioni, battaglie quotidiane.