Internazionale

Escalation di sangue in Sudan, almeno 200 vittime causate dalle Rsf in due giorni

Gli effetti dei combattimenti alla periferia della capitale KhartoumGli effetti dei combattimenti alla periferia della capitale Khartoum – Ap

La guerra dimenticata Nell'ultima settimana combattimenti di particolare intensità, oltre a abusi e uccisioni sommarie di civili, hanno investito lo stato di Al-Jazirah. Preoccupa l'epidemia di colera. E i 25 milioni di sudanesi a rischio carestia e

Pubblicato 2 giorni faEdizione del 29 ottobre 2024

È stata una delle settimane più sanguinose in Sudan, che da circa un mese ha visto una cruenta ripresa dei combattimenti in tutto il paese tre le Forze Armate sudanesi (Fas), guidate dal generale Al-Burhan, e i paramilitari delle Forze di Supporto Rapido (Rsf) del generale Mohammed Hamdan Dagalo.

I principali scontri si concentrano nella regione di Al-Jazirah, a sud di Khartoum, dove in questo fine settimana le Rsf hanno imposto un «assedio totale» ai residenti dei villaggi di Al Sahira e Azraq, con numerosi episodi di «violenze e uccisioni sommarie contro i civili», secondo quanto riporta il Comitato di resistenza Hasaheisa.

L’accesso all’area è impossibile e le comunicazioni sono interrotte. È quindi difficile stilare bilanci definitivi. Ma secondo gli elenchi delle vittime, diffusi dai residenti, solo ad Al Sahira ci sarebbero «più di 170 morti e decine di feriti», dopo i bombardamenti di questo sabato.

Gli attacchi contro i civili in quest’area sono iniziati la scorsa settimana, come forma di ritorsione da parte delle Rsf, dopo che il loro comandante regionale ha deciso di disertare per unirsi all’esercito regolare. Secondo il sindacato dei medici sudanesi, il livello di violenza è tale che «le operazioni di soccorso per aiutare i feriti sono diventate impossibili», con una richiesta ufficiale all’Onu e alle agenzie umanitarie di «premere per la creazione di corridoi umanitari verso i villaggi colpiti e garantire le cure necessarie per centinaia di feriti».

L’aggravarsi della situazione nel paese è legata ad una controffensiva dei militari sudanesi in tutto il paese, dopo che numerose inchieste – in particolare quella del gruppo Conflict Observatory – hanno indicato la fornitura di nuove armi per entrambe gli schieramenti. Un esempio evidente è l’abbattimento di un aereo russo con armi destinate ai militari di al-Burhan la scorsa settimana o le sanzioni degli Stati Uniti nei confronti di Algoney Hamdan Daglo Musa, fratello di Hemetti, che attraverso la Tradive General Trading LLC, società di copertura con sede negli Emirati Arabi Uniti, continua a importare armi destinate alle Rsf.

Proprio l’approvvigionamento di armi sembra diventato centrale per comprendere le sorti del conflitto. Prodotte in Cina, Russia, Serbia, Turchia, Emirati Arabi Uniti e persino nello Yemen, migliaia di armi vengono consegnate da diversi mesi in una guerra – considerata «una delle peggiori crisi umanitarie del mondo» – che ha causato 30mila vittime e 10 milioni di profughi.

Del resto, quello che appare chiaro è che nessuna soluzione diplomatica sia ormai in grado di arrivare ad un cessate il fuoco tra i due schieramenti. Ad inizio ottobre il generale Al-Burhan è intervenuto davanti all’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York ed ha chiarito che «una pace duratura sarà possibile solo con la totale sconfitta delle milizie di Dagalo», senza alcuna possibilità di mediazione per un’eventuale tregua che preservi i civili.

Dichiarazioni di fermezza – malgrado un’epidemia di colera con 22mila contagi e 700 vittime, le strutture sanitarie al collasso e oltre 25 milioni di persone a rischio carestia – motivate anche dalla controffensiva delle Fas che stanno avanzando a Khartoum, nel Darfur, nel Kordofan e nello stato di Al-Jazirah, dove i militari hanno riconquistato, la scorsa settimana, l’area di Jebel Moya, fondamentale snodo per le vie di comunicazione che portano alla capitale attraverso gli stati di Sennar e del Nilo Azzurro.

Entrambe le parti sono regolarmente accusate di «crimini di guerra», tra cui «il prendere di mira i civili e i rifugiati, il bombardamento indiscriminato di aree densamente popolate, il saccheggio o il blocco degli aiuti umanitari in un paese alla fame». Migliaia di civili uccisi, stupri diffusi e altre atrocità indicibili: «il popolo
sudanese vive quotidianamente un incubo di fame, malattie e violenza etnica», ha dichiarato ieri davanti al Consiglio di Sicurezza il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, «inorridito» sia dagli attacchi delle Rsf contro i civili a el-Fasher, nel Darfur, che dai bombardamenti delle Fas contro la popolazione a Khartoum.

La direttrice regionale del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa), Laila Baker, ha dichiarato dopo il suo recente ritorno dal Sudan: «Lavoro all’Onu da 30 anni e conosco le brutalità della guerra, ma questa è una delle situazioni più orribili a cui abbia mai assistito».

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento