Nobel, premiate le ricerche sul vaccino anti Covid a mRna
Medicina, assegnato a Katalin Karikó e a Drew Weissmann. Migrante e precaria, la scienziata è una delle 13 donne (e 215 uomini) che lo hanno vinto
Medicina, assegnato a Katalin Karikó e a Drew Weissmann. Migrante e precaria, la scienziata è una delle 13 donne (e 215 uomini) che lo hanno vinto
Il premio Nobel per la medicina è stato assegnato alla biochimica ungherese Katalin Karikó e al collega statunitense Drew Weissmann per le scoperte «che hanno permesso lo sviluppo di vaccini a mRna efficaci contro il Covid-19». Le ricerche di Karikó e Weissman risalenti a quasi venti anni fa sono state decisive nello sviluppo dei vaccini prodotti dalla Pfizer e dalla Moderna. I vaccini anti-Covid, infatti, si basano su una tecnologia del tutto nuova rispetto a quelli tradizionali: invece di esporre l’organismo a una versione indebolita del virus originale, inviano nelle cellule l’informazione genetica con cui l’organismo stesso assembla le proteine del virus e sviluppa gli anticorpi contro di esso. I due scienziati hanno ricevuto il premio per aver modificato l’Rna, la molecola che trasporta l’informazione genetica, per rendere più sicura ed efficace la produzione di anticorpi.
Gli studi di Karikó e Weissmann risalgono ai primi anni 2000, quando i due erano colleghi all’università della Pennsylvania. Ma solo nell’ultimo decennio le aziende farmaceutiche ne hanno colto il potenziale per lo sviluppo di farmaci e vaccini. Oggi Karikó ha lasciato la ricerca accademica ed è una dirigente della BioNTech, l’azienda tedesca che insieme alla Pfizer (e a ingentissimi finanziamenti piovuti da Usa e Ue) ha sviluppato il vaccino più diffuso al mondo. Proprio quello che, nella versione aggiornata alle ultime varianti virali, da ieri è distribuito anche in Italia.
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Verso l’approvazione dei vaccini, il nodo dei «dati grezzi» indisponibiliLa scelta del comitato svedese che assegna il premio cade dunque su una scoperta nota anche al grande pubblico e destinata ad essere ricordata non solo per ragioni scientifiche. Innanzitutto, perché Karikó è una delle rare donne ad aver vinto il Nobel per la medicina: dal 1901 a oggi sono state solo tredici contro 215 uomini. La sua carriera, come quella di tante colleghe, non è stata priva di difficoltà. Nel 1985 Karikò era emigrata trentenne dall’Ungheria con un marito, una figlia di due anni e mille dollari nascosti in un orsacchiotto.
«Il governo – ha raccontato lei – all’epoca permetteva di portarne all’estero al massimo cinquanta». Le sue ricerche oggi ammiratissime furono a lungo ritenute poco promettenti. Nel 1995, dopo l’ennesima richiesta di finanziamento bocciata, una diagnosi di cancro e un marito bloccato in Ungheria senza visto, l’università della Pennsylvania la retrocesse al rango più basso della carriera accademica, negandole il posto da docente. «Di solito, a quel punto uno saluta e se ne va», ha confessato lei descrivendo l’umiliazione del demansionamento. La svolta invece arrivò per caso «davanti alla fotocopiatrice» dove incontrò Drew Weissman, che si interessò alle sue idee e che tuttora lavora per l’università di Philadelphia.
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Covid, chi ha suicidato il vaccino italianoLe scoperte compiute insieme al collega oggi non rappresentano solo una formidabile piattaforma per sviluppare nuovi vaccini, ma anche una delle strade più promettenti nella lotta contro il cancro. La tecnica dell’Rna può infatti essere usata anche per addestrare il sistema immunitario a riconoscere le cellule tumorali. Eppure la loro scoperta più importante, la modifica dell’Rna che gli permetteva di entrare nelle cellule per trasmettere le istruzioni necessarie alla vaccinazione, nel 2005 non fu pubblicata su una rivista di secondo piano e non su Science o Nature, che la scartarono definendola un «modesto progresso».
La scelta di premiare i vaccini a mRna è anche carica di significato politico, dato che una percentuale non irrisoria della popolazione considera tuttora i vaccini anti-Covid una sperimentazione da cui stare alla larga. Con la decisione di ieri la comunità scientifica ha stabilito al contrario che i vaccini anti-Covid debbano essere ricordati tra i «maggiori benefici per l’umanità», come scrisse Alfred Nobel nel testamento che istituì il riconoscimento. La scelta difficilmente sarà gradita alla destra italiana che ha riempito radio e tv di stato di esponenti del mondo No Vax.
Quella celebrata ieri però è una scoperta realizzata da una ricercatrice precaria e divenuta realtà solo quando aziende farmaceutiche fin lì poco coraggiose hanno ricevuto una valanga di soldi pubblici per rispondere a una pandemia globale. Anche questa lezione non deve essere dimenticata.
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