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Nell’Irlanda alle urne l’immigrazione al centro

Nell’Irlanda alle urne l’immigrazione al centroUrne aperte a Dublino – Ansa

Europa al voto Per i sondaggi Sinn féin ridimensionato

Pubblicato 4 mesi faEdizione del 8 giugno 2024

La repubblica d’Irlanda sta andando tre volte alle urne con due elezioni amministrative ad accompagnare le europee. I seggi si sono aperti ieri mattina – in leggero anticipo, come in Olanda – sul resto dei paesi europei per chiudersi alle dieci di sera. In palio sono quattordici deputati europei, un migliaio di consiglieri comunali e un sindaco, quello di Limerick, eletto direttamente per la prima volta nella storia del paese. Essenzialmente prova generale delle prossime politiche – che si terranno entro marzo prossimo – questa tornata elettorale vede ridimensionarsi il dato oggettivo di questi ultimi mesi, vale a dire la crescita dei consensi nei confronti dell’opposizione del Sinn Féin, fino a qualche tempo fa ampiamente gettonato come partito di governo in pectore della Repubblica.

L’Irlanda è al momento governata da una coalizione fra i due principali partiti liberal-moderati, il Fine Gael, il Fianna Fáil e i Verdi, dati anch’essi tutti in calo dai sondaggi. Il paese ha un’economia in crescita, come malcontenti vari: per i prezzi fuori controllo, per una severa crisi degli alloggi e per il sempre più saliente “problema” della migrazione, che negli ultimi mesi ha visto verificarsi non pochi episodi di intolleranza violenta.

Con il suo valore di assegno elettorale in bianco a ogni sorta di destre, la questione ha eroso il 35% dei sostegni fatto totalizzare per quasi tre anni dal partito guidato da Mary Lou McDonald di quasi un terzo, facendolo scivolare al 22%, secondo i sondaggi; si tratta della stessa percentuale del moderato Fine Gael del primo ministro Simon Harris, succeduto a Leo Varadkar dopo le sue dimissioni lo scorso marzo. L’altro partito moderato in coalizione, il Fianna Fáil, si assesta al 17%. Proprio la fuoriuscita di Varadkar avrebbe portato a una timida ripresa del Fine Gael.

È più o meno certo che i voti persi dal Sinn Féin vadano a confluire nel consenso per una congerie di formazioni politiche indipendenti, apparse numerose in concomitanza all’afflusso migratorio recente (incrementato dai profughi ucraini, 100mila dal 2022, e da un 75% in più di richieste di asilo) oltre che verso i partiti di estrema destra, che pur non avendo mai avuto una rilevanza preoccupante paiono ora avviati ad ottenerla.

Resta da vedere se il proliferare di simili candidati indipendenti punta “solo” a non lasciare all’estrema destra il monopolio della demagogia, se non del razzismo vero e proprio – o se altro non sarà che un semplice travestimento: ultimamente ci sono stati tentativi di dare alle fiamme centri di accoglienza e a Dublino e varie dimostrazioni anti-immigrati sono finite in scontri. Simili tensioni provocano un aumento d’interesse nei confronti di elezioni come quelle europee, di solito percepite come di rilevanza relativamente scarsa: la partecipazione o meno dell’Irlanda al patto Ue sulla migrazione è uno dei principali nodi dell’attuale contendere politico nel paese.

L’imporsi sfaccettato degli indipendenti complicherebbe non poco il quadro di un avvento al potere del Sinn Féin, benché il partito si trovi in condizioni decisamente migliori che nel 2019 – quando perse la metà dei propri consiglieri e mandò un unico deputato a Bruxelles. Se l’esito confermasse il pronostico – lo spoglio sarà reso noto domenica in tarda serata – coalizione e opposizione avranno perso entrambi consensi perché percepite come al solito deboli sull’immigrazione.

Ma il problema è soprattutto del partito di sinistra: il Sinn Féin è stretto fra la propria base adulta operaia, che vuole la linea dura, e quella giovanile schierata a difesa di accoglienza e diritti civili. Secondo un sondaggio dell’Irish Times del mese scorso, i suoi sostenitori sono i più intransigenti sulla migrazione: il 70% vuole una politica di confine più rigida e maggiori espulsioni.
Una vittoria del Sinn Féin darebbe certo una scossa agli equilibri politici del paese, tenendo conto soprattutto della ragion d’essere di quel partito: un referendum sulla riunificazione con il Nord. Dovrà vedersela con il convergere paneuropeo verso politiche anti-migratorie che ha appena colonizzato un altro paese di migranti.

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