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Nel Brandeburgo solo la riduzione del danno

Dietmar Woidke (Ap)Dietmar Woidke – Ap

Germania, l'onda nera «Riduzione del danno» è forse l’espressione più appropriata per descrivere i risultati delle elezioni di domenica scorsa nel Land del Brandeburgo, la regione orientale che circonda Berlino. La socialdemocrazia rischiava […]

Pubblicato 3 giorni faEdizione del 24 settembre 2024

«Riduzione del danno» è forse l’espressione più appropriata per descrivere i risultati delle elezioni di domenica scorsa nel Land del Brandeburgo, la regione orientale che circonda Berlino. La socialdemocrazia rischiava grosso.

Ma è riuscita, grazie alla popolarità e all’azzardo del suo leader locale Dietmar Woidke, a conservare un risicato primo posto davanti a una Afd comunque in costante crescita e giunta al traguardo della minoranza di sbarramento. Ma i suoi alleati di governo, Verdi (fuori dal Landtag) e Cdu in pesante perdita non hanno retto e non bastano più per formare una maggioranza. Insomma il caso del Brandeburgo è tutt’altro che una inversione di tendenza e non annuncia nulla di rassicurante in vista delle prossime elezioni federali. Il paese va a destra, ci vanno i giovani, ci vanno gli strati popolari, ed è una destra estrema, nazionalista, xenofoba. La cui incombenza condiziona sempre più decisamente scelte e comportamenti delle altre forze politiche. A questa minaccia le reazioni ci sono e si sono più volte platealmente manifestate nelle piazze del paese. E anche il successo elettorale della Spd a Potsdam dovrebbe essere inscritto in questo contesto di resistenze. Ma, appunto, di reazioni e non di azioni si tratta.

La coalizione che governa oggi la Bundesrepublik, socialdemocratici, verdi e liberali, appare priva di proposta e di direzione di marcia, rissosa, incerta, in balia della contingenza, impreparata a fronteggiare le crisi a ripetizione che si stanno abbattendo sulla Germania atterrata dalla guerra russo-ucraina. In casa liberale, dopo l’imbarazzante zero virgola ottenuto in Brandeburgo, si comincia a considerare l’eventualità di staccare la spina. Tra i Verdi, con inspiegabile ritardo, si percepisce finalmente la pesantezza di un declino che rischia di sfociare in sparizione. Che cosa siano diventati e a che cosa servano ancora i Grünen dopo l’eclissi dei temi portanti della loro storia è ormai una domanda ineludibile. Per ora senza risposte.

Per quanto il governo di Berlino si sforzi di inseguire la destra con la chiusura delle frontiere, la politica dei respingimenti e la moltiplicazione di misure vessatorie ed escludenti nei confronti dei migranti, la Cdu-Csu è sempre un passo avanti nell’interpretazione autoritaria e xenofoba dell’interesse nazionale e nel tentativo infamante di ridurre a poco o niente quella inestimabile conquista di civiltà che è il diritto di asilo e la protezione dei perseguitati. Ma né gli uni né gli altri ottengono in questa miserabile competizione il risultato di sottrarre voti all’Afd, i cui argomenti e le cui posizioni politiche risultano anzi legittimate, normalizzate e diffuse dalle stesse forze politiche che pretendono di avere messo efficacemente al bando il partito di estrema destra.

Per mettere insieme una maggioranza a Potsdam serve ora il partito di Sahra Wagenknecht, piazzatosi al terzo posto con un solido 13,5 per cento. È questo il nuovo spregiudicato attore politico che, drenando gran parte dei voti della Linke ma non solo, costringe (per ora nei soli Länder dell’Est) le forze politiche tradizionali a spericolate acrobazie. Partito assai più affine alla Sed (il vecchio partito unico della Rdt) di quanto non fosse la Linke che da quella storia aveva preso radicalmente le distanze, il Bsw presenta tonalità veterocomuniste e antilibertarie.

La Cdu, che pure ne ha bisogno in Turingia e Sassonia, trova nel “conservatorismo” il terreno comune con una formazione politica collocata ai suoi antipodi (soprattutto in politica estera e sulla questione della guerra).

Borghesi o proletari, comunque “conservatori”, concordano invece nel rifiuto moralistico di un disordine legato al multiculturalismo, alla proliferazione delle figure sociali e delle soggettività “irregolari” cavalcando le paure che ne derivano. A livello regionale potrebbe anche bastare, a patto di eludere i grandi temi della politica federale.

Con la Spd di Woidke in Brandeburgo dovrebbe essere anche più facile, visto che il leader locale del Bsw Robert Crumbach è stato un socialdemocratico di lungo corso prima di imbarcarsi nell’impresa di Sahra Wagenknecht.

E, del resto, senza verdi e liberali tra i piedi, non sarebbe difficile mettere congiuntamente in moto politiche industriali tradizionali e misure di Welfare senza troppi vincoli ecologici o di bilancio.

Ma la traduzione di simili acrobazie sul piano federale sarebbe un altro paio di maniche. Il futuro economico e politico della Germania dipende dalla guerra, dalla sua durata, dai suoi costi economici e politici, dalle soluzioni che prevarranno per un ritorno alla pace in Europa.

Qui insorgono divergenze radicali, il governo di Berlino oscilla e si ingarbuglia e per l’estrema destra si apre un vasto e decisivo campo di azione.

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