In Ucraina non ci sono «giorni normali». Ieri, alle 11.30 del mattino, l’esercito di Putin ha ribadito il messaggio compiendo una strage particolarmente brutale: missili russi hanno colpito il centro cittadino di Chernihiv, nord-est del paese, provocando sette morti e 136 feriti tra cui dodici bambini (secondo le cifre delle autorità locali).

Molte persone si trovavano a passeggiare vicino al luogo dell’impatto ed è stata una carneficina. In particolare, stando alle testimonianze, tanti si erano radunati presso la chiesa principale per festeggiare la ricorrenza ortodossa nota come «festa del salvatore delle mele» o «festa della trasfigurazione».

Ha commentato il presidente Zelensky: «Un sabato qualunque, che la Russia ha trasformato in un giorno di dolore e perdite». Nel frattempo il sindaco ad interim Oleksandr Lomako ha proclamato tre giorni di lutto cittadino.

TUTTAVIA l’obiettivo primario dell’attacco russo sembra essere stato il teatro Taras Shevchenko, il cui tetto è stato completamente distrutto. La struttura stava ospitando un raduno di produttori di droni e scuole di addestramento di ricognizione aerea.

Lo ha confermato, dopo che per diverse ore erano circolate numerose ipotesi, la volontaria militare ucraina e animatrice del progetto per i diritti femminili nell’esercito «Battaglione invisibile» Maria Berlinska, tra i responsabili dell’organizzazione del raduno.

Pare che i partecipanti, circa 200 fra militari e civili, siano rimasti tutti illesi: la maggior parte di loro si è rifugiata nel sotterraneo all’attivazione dell’allarme aereo. L’iniziativa, stando a Berlinska, era stata concordata con le autorità locali e resa pubblica, ma il luogo in cui si sarebbe tenuto è stato reso noto alle persone registrate solo poche ore prima dell’inizio.

Questo apre all’interrogativo su come le forze russe abbiano potuto ricevere le coordinate e centrare il bersaglio: «Stiamo attualmente collaborando coi servizi segreti affinché si apra un’indagine», ha fatto sapere Berlinska.

Rimarrà da capire nei prossimi giorni che tipo di reazioni si genereranno nella popolazione (rispetto alla questione se si siano prese o meno tutte le misure di sicurezza possibili), oltre all’ovvia indignazione e rabbia per il disprezzo che l’esercito di Putin continua a mostrare verso i civili.

LE VITTIME di Chernihiv vanno in parallelo con le perdite militari, che alcuni ufficiali statunitensi hanno stimato lambire la quota di 500mila unità in totale (120mila morti e fra i 170 e 180mila feriti per le forze russe, 70mila morti e fra i 100 e 120mila feriti per le forze ucraine).

Sono cifre rivelate l’altro ieri dal New York Times e che descrivono una forte impennata rispetto all’ultima stima ufficiale dello scorso novembre da parte del generale Mark A. Milley (100mila perdite, tra morti e feriti, da entrambe le parti).

La battaglia di Bakhmut, particolarmente sanguinosa, e l’inizio della controffensiva, che procede ma a ritmi più lenti delle aspettative, pare abbiano dato un’impennata alla triste conta.

Al di là della tragedia umana, il problema per l’Ucraina è un numero di truppe tre volte inferiore a quelle avversarie (500mila contro un milione e 330mila, fra personale in servizio, riservisti e paramilitari). Intanto la Svezia, dove Zelensky e la moglie si sono recati per una visita lampo, ha ribadito il proprio sostegno sia in termini bellici che economici.

PUTIN, INVECE, si è recato a Rostov sul Don per una riunione di aggiornamento con i quadri delle forze armate. Nella regione russa di Novgorod, parecchio lontano dal fronte, un drone ucraino ha preso di mira un campo d’aviazione militare. Elementi che potrebbero decidere le sorti del conflitto, ancora, non se ne vedono.