Miniere fuoricontrollo e ribelli dell’M23 anche, Tshisekedi sotto accusa
Repubblica democratica del Congo Nella recente apparizione all'Onu nessun cenno del presidente uscente alle accuse di Amnesty sull'estrazione violenta di coltan, cobalto e rame. E Kinshasa, in affari con Israele, progetta di spostare l’ambasciata a Gerusalemme
Repubblica democratica del Congo Nella recente apparizione all'Onu nessun cenno del presidente uscente alle accuse di Amnesty sull'estrazione violenta di coltan, cobalto e rame. E Kinshasa, in affari con Israele, progetta di spostare l’ambasciata a Gerusalemme
A due mesi dalle elezioni nella Repubblica democratica del Congo (Rdc), il presidente uscente, e anche ricandidato dal partito di governo, Felix Tshisekedi, si trova attaccato da più parti, in cerca di nuovi alleati e alle prese con una guerra infinita che non sembra vicina a una conclusione.
ALLA 78ESIMA ASSEMBLEA generale delle Nazioni unite, il presidente congolese ha definito, criticando nemmeno troppo velatamente, la funzione dell’Onu nel continente africano come entità in cui gli africani hanno riposto le loro speranze, nella maggior parte delle volte tradite. Proprio su questo punto Tshisekedi ha annunciato la volontà del governo di anticipare di un anno, quindi a dicembre del 2023, il ritiro della missione Onu nell’est del paese, conosciuta come Monusco, che il presidente ha ringraziato per il suo operato, ma che, ha sottolineato, non ha raggiunto l’obiettivo di mantenere la pace nei Kivu e nell’Ituri.
Durante il suo discorso al Palazzo di vetro Tshisekedi ha anche parlato della crisi climatica facendo cenno al vertice di inizio mese a Nairobi, dove si sono incontrati molti leader africani per trovare una strada comune per affrontare i cambiamenti climatici. Non è stato fatto però alcun cenno alla situazione disastrosa in cui vertono le zone minerarie in territorio congolese dove si estraggono coltan, cobalto e rame, i tre materiali principali per la costruzione di batterie elettriche, fondamentali per la transizione energetica.
Due settimane fa è stato pubblicato un report da Amnesty international intitolato: «Alimentare il cambiamento o fare affari come al solito?». Nel documento viene mostrato come la grande richiesta di questi materiali abbia portato le aziende concessionarie ad ampliare i territori di estrazione sfrattando migliaia di persone. Donat Kambola, presidente dell’associazione congolese Initiative bonne gouvernance et droits humains (Ibgdh), che ha collaborato alla ricerca sul campo con Amnesty, ha dichiarato: «Le persone vengono sfrattate con la forza o minacciate affinché abbandonino le loro case».
MA GLI SFRATTI SONO SOLO UNA delle violazioni dei diritti umani perpetrate dalle compagnie estrattive, molto spesso in mano a multinazionali estere, infatti sono stati rilevati incendi dolosi, aggressioni sessuali e percosse, tutto con il fine di cacciare le popolazioni dalle proprie case, ampliando così il terreno dal quale estrarre coltan, rame e cobalto.
A New York il presidente congolese ha anche avuto modo di rinforzare legami con diversi paesi, primo tra i quali Israele. In un incontro a margine dell’Assemblea generale, Tshisekedi ha avuto un colloquio con la sua contro parte israeliana Benjamin Netanyahu. I due leader hanno discusso le modalità per rafforzare la cooperazione bilaterale nei settori dell’agricoltura, del commercio di minerali e della sicurezza. A conclusione dell’incontro i due capi di stato in una dichiarazione congiunta, si sono detti soddisfatti e hanno annunciato: da una parte l’apertura di un’ambasciata israeliana a Kinshasa, dall’altra lo spostamento dell’ambasciata della Rdc da Tel Aviv a Gerusalemme.
Mentre continua la spasmodica ricerca di alleati esterni e interni, per il governo di Tshisekedi, la principale problematica rimane la guerra nell’est del paese. Da marzo le parti hanno rispettato un cessate il fuoco, con qualche sporadico attacco dell’M23 contro l’esercito della Rdc. Tshisekedi ha però sfruttato il momento dell’Assemblea generale per rinnovare le accuse al Ruanda di supportare le milizie ribelli e l’inadempienza agli accordi di pace da parte dell’M23: «Questo gruppo terroristico, ausiliario del Ruanda, non ha rispettato nessuno dei punti pattuiti. Non hanno abbandonato le posizioni conquistate e anzi continuano a massacrare i civili». Un comunicato stampa diffuso dalla società civile nel Nord Kivu il 20 settembre rilevava che «nuove ondate di ribelli dell’M23 hanno fatto irruzione nel territorio di Masisi attraverso la vicina Rutshuru». Sul campo la sensazione è che la flebile pace non durerà molto.
VICINI ALLA TORNATA elettorale la situazione della Rdc sembra divenire ogni giorno più complicata e le accuse, mosse al presidente Tshisekedi, di repressioni e intimidazioni contro i candidati di opposizione da parte dei partiti di opposizione e degli osservatori di Human Rights Watch, non lasciano sperare in nulla di buono.
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