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Meryl Streep tutta rock e famigliaGli applausi iniziano lunghissimi prima che lei arrivi sul palco, la sala Debussy è gremita in ogni sedia. Si aspetta Meryl Streep, la splendida interprete di cinquant’anni di cinema, ventuno nomination agli Oscar, tre statuette (per Kramer contro Kramer,1979; La scelta di Sophie,1982; The Iron Lady, 2011), diversi Golden Globe e tantissimi altri riconoscimenti, a cui il Festival di Cannes ha consegnato la Palma d’oro d’onore. Vestita di nero, i capelli biondissimi, l’aspetto che non dichiara affatto i suoi 75 anni, ammette un leggero hangover. Il pubblico ride con complicità, lei dice di avere dormito molto tardi: «Abbiamo parlato tantissimo con Quentin Dupieux del suo film (Le deuxieme act, ndr) che trovo geniale». “Ho sempre cercato di estendere al massimo le possibilità di interpretazione. Mi piace entrare in figure che non sono io e che al tempo stesso hanno qualcosa di me”

UN PO’ DIVA, ma con discrezione, risponde alle domande in questo Rendez vous che ripercorre la sua carriera cercando un dialogo col presente. Voce autorevole nel Me Too, e nella presa di parola contro gli abusi – «Ci deve essere un modo appropriato per identificarli e fare in modo che non accadano più», sottolinea l’attrice. Nella conversazione regala ricordi e aneddoti dai set, che aprono un po’ il suo laboratorio di grande interprete e il suo punto di vista sul mondo.La prima volta a Cannes, trentacinque anni fa – «Mi avevano dato una guardia del corpo, per me era stranissimo». Kramer contro Kramer e il femminismo negli anni Settanta: «Avevo chiesto al regista di riscrivere alcuni passaggi della mia parte. La storia che era basata su un romanzo diceva di un sentimento di rabbia e di vendetta intorno a un divorzio. Nella prima parte tutto si concentrava sul padre che si chiede come conciliare il lavoro col figlio. Poi quando la madre torna non c’erano spiegazioni del suo punto di vista. Così io, Dustin Hoffmann e Robert Benton il regista abbiamo scritto ciascuno un dialogo per lei, abbiamo votato e io ho vinto». «Kramer contro Kramer coincide con le battaglie del movimento femminista,le donne chiedevano di uscire dai loro ruoli e che gli uomini si occupassero dei figli. Credo però che ogni film dialoga con la propria epoca, anche quello in apparenza più commerciale».

ALTRI NOMI, altri film. Eastwood (I ponti di Madison County, 1995) che era «precisissimo e non alzava mai la voce». La mia Africa (1985) e un enorme scarafaggio che le si è appiccicato addosso mentre lei continuava a recitare. O la sensualità con la quale Redford le lavava i capelli nella scena di loro due nel fiume. Il personaggio femminile in Il cacciatore (1978) di Cimino: «Una ragazza nella quale potevo cogliere qualcosa di familiare, come lei ho vissuto gli anni della guerra in Vietnam con la paura e il dolore di perdere qualcuno».«Per me la scommessa è stata sempre quella di estendere al massimo le possibilità di interpretazione, così da confrontarmi con il maggior numero possibile di personaggi.Mi piace entrare in figure che non sono io e che al tempo stesso hanno qualcosa di me».

E OGGI, rispetto a quando ha iniziato le cose sono cambiate a Hollywood per le donne? «Credo che non siamo cambiate solo a Hollywood o nel cinema, la strada per l’uguaglianza è tratta e non certo solo nel cinema. Le lavoratrici, dirigenti o operaie, hanno più rispetto, hanno più solidarietà sulla piaga degli abusi e le paghe non sono uguali ancora, ma rispetto ad anni fa ci sono obiettivamente dei passi avanti. Anche nel cinema: Tom Cruise, credo sia lui, ha il salario più alto, ma tante donne ormai sono star e nell’industria le dirigenti donne stanno facendo la differenza, incidono sui progetti da realizzare, come produttrici oltre che registe».