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Meloni e Scholz, un «Piano d’azione» pensando al Patto Ue

Meloni e Scholz, un «Piano d’azione» pensando al Patto UeGiorgia Meloni e il cancelliere tedesco Olaf Scholz ieri a Berlino – Ap

Relazioni internazionali Siglato l’accordo Italia-Germania. In ballo una marea di affari, spicca il business bellico. Passetti avanti sulle regole europee

Pubblicato 11 mesi faEdizione del 23 novembre 2023

Archiviata la grande baruffa diplomatica sui finanziamenti di Berlino alle Ong impegnate nei salvataggi nel Mediterraneo, Giorgia Meloni e Olaf Scholz si ritrovano nella cancelleria federale per siglare il patto destinato a segnare la pace (almeno) economica fra Germania e Italia.

LE AMPIE DIVERGENZE politiche fra la premier di Fdi e il leader della Spd si sciolgono come neve al sole nel vertice governativo organizzato dai main-sponsor della confindustria italiana e della Bundesverband der Deutschen Industrie tedesca. Il risultato è il «piano di azione» che nelle intenzioni di Roma corrisponde all’equivalente del Patto del Quirinale recentemente siglato con Parigi (nonostante il valore giuridico inferiore) e in quelle di Berlino, banalmente, alla maniera più rapida per rimettere in sesto l’asse fra i due Paesi dell’Ue più connessi sotto il profilo dell’interdipendenza economica: entrambi si fondano sulle Piccole e medie imprese.

«La nostra cooperazione fa un salto in avanti. Dopo sette anni Italia e Germania tornano a parlarsi in questo formato. Un cambio di passo nelle nostre relazioni già eccellenti. Abbiamo esplorato nuovi spazi di dialogo e crescita comune: buona notizia per i nostri due popoli» è il riassunto ufficiale del summit di Meloni nella conferenza stampa congiunta.

Mentre Scholz tiene a precisare come il vero faccia a faccia sia stato fra i due ministri delle Finanze, il leghista Giancarlo Giorgetti e il liberale Christian Lindner, costretti ad accordarsi, in qualche modo, sulle regole del patto di stabilità europeo diventato scomodo per entrambi. Il governo Meloni vorrebbe scorporare (almeno) le spese per la transizione ecologica, il digitale e la difesa dai parametri di Bruxelles; il governo Scholz è alle prese con il devastante stop della Corte di Karlsruhe che cancella dal bilancio a sua disposizione i 60 miliardi di euro sottratti illegalmente al fondo pandemia.

Al di là dei mali comuni fra la premier italiana e il cancelliere tedesco c’è anche la visione non dissimile sull’urgenza di porre fine alla guerra in Ucraina, nonostante le dichiarazioni di supporto a Kiev e la condanna dell’invasione russa ribadite non a caso anche ieri a Berlino da Meloni e Scholz. Dopo aver ascoltato insieme le parole del «presidente Putin» collegato in videoconferenza in occasione del G20 virtuale. Poca voglia da parte di entrambi di spalancare il capitolo-tabù, «è stato solo un collegamento video» sottolineano in coro prima Meloni e poi Scholz senza steccare di una virgola.

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NON CONVIENE e, soprattutto non si può, come spiega la sintomatica composizione della folta delegazione che ieri ha accompagnato la premier italiana. Dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani, al ministro del Made in Italy, Adolfo Urso, fino ai rappresentanti di Leonardo, Fincantieri, Snam, Cassa Depositi e Prestiti, Marcegaglia, UniCredit, Ita Airways, Generali, Ferrovie dello Stato, Beltrame Group, Menarini e Gruppo Seda.

In ballo una marea di affari fra cui spicca il business bellico. L’Italia è più che interessata ai futuri progetti europei nel settore dei carri armati, finora appannaggio dei tedeschi e dei francesi. Secondo la stampa di Berlino l’esercito italiano prevede già di ordinare i tank tedeschi Leopard 2-A8 in cambio di ordini della Bundeswehr per gli elicotteri Agusta Westland prodotti da Leonardo. Si somma al grande affare delle navi da guerra, con Fincantieri interessata a rilevare i cantieri navali di Thyssenkrupp Marine Systems con cui già collabora nella partnership per la costruzione del sottomarino 212-A.

Inoltre Meloni torna da Berlino con l’accordo di massima per il cosiddetto «Sudstream» dell’idrogeno: il futuro condotto fra Nord Africa e la Germania passante per l’Italia che bisogna costruire per «promuovere la diversificazione dell’approvvigionamento energetico e realizzare nuove pipeline tra i due Paesi sia per il gas naturale che per l’idrogeno» come si legge nel piano di azione firmato ieri. Obiettivo: importare almeno 10 milioni di tonnellate di idrogeno entro il 2030; mentre Scholz e Meloni si sono trovati in pieno accordo anche per spingere la presidente della Commissione Ue, Ursula von Der Leyen, a velocizzare gli investimenti sulle Pmi.

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