Internazionale

Medico ucciso in cella e raid su una scuola a Gaza. Berlino: armi sospese

Un bambino palestinese tra le macerie della scuola Ibn al-Haitham a Shujaya Zuma Press/Khaled DaoudUn bambino palestinese tra le macerie della scuola Ibn al-Haitham a Shujaya – Zuma Press/Khaled Daoud

Davanti agli occhi Ziad Mohammed al-Dalou catturato a marzo durante l’assedio di Israele dello Shifa. Colpito un istituto a Shujaya: morti otto palestinesi. Due casi legali aperti all’Aja e in Germania: il governo Scholz ferma le licenze per Tel Aviv

Pubblicato 8 giorni faEdizione del 19 settembre 2024

La foto di Ziad Mohammed al-Dalou pubblicata ieri sui siti di informazione lo ritrae sorridente, in camice bianco. Probabilmente è stata scattata prima del 7 ottobre e della trasformazione del suo ospedale, lo Shifa, in un campo di detenzione e in un’enorme fossa comune.

AL-DALOU È MORTO in una prigione israeliana, è il terzo medico di Gaza a perdere la vita in custodia, il sessantesimo palestinese. Era stato arrestato a marzo durante l’assedio israeliano dell’ospedale: due settimane che sembravano non finire mai, medici, pazienti e sfollati prigionieri della struttura e dei colpi di mortaio dell’artiglieria. Non si entrava e non si usciva. I soldati invece entravano e sono decine le testimonianze che raccontano di medici e malati giustiziati sul posto e di cibo introvabile.

I racconti hanno trovato orribile conferma dopo la fine dell’assedio: centinaia di corpi, molti decomposti, altri a pezzi o schiacciati dai bulldozer. E poi arresti di massa: in quei giorni lo stesso esercito israeliano parlò di 900 detenuti. Tra loro al-Dalou, responsabile di medicina interna. Ad aprile a morire in cella era stato il chirurgo ortopedico Adnan al-Bursh, capo del suo reparto allo Shifa. Era in carcere da dicembre.

A giugno era giunta la notizia del decesso di Iyad al-Rantisi, ucciso dalle torture: dirigeva il reparto di maternità del Kamal Adwan Hospital, era stato arrestato a novembre. Ad agosto l’ong israeliana B’Tselem ha pubblicato un rapporto di 118 pagine in cui definisce le prigioni israeliane una rete di campi di tortura. Sde Teiman, scrive l’organizzazione, non è che la punta dell’iceberg.

Proprio su quella base militare vicina al confine con Gaza, tramutata in pochi mesi in un luogo di abusi, umiliazioni e torture, si è espressa ieri la Corte suprema israeliana che ha accolto il ricorso di associazioni palestinesi e israeliana che ne chiedono la chiusura: «Nessuno nega che l’attuale guerra pone molte sfide allo stato – ha detto il presidente dell’alta corte, Uzi Vogelman – compresa quella dell’incarcerazione dato il considerevole numero di individui arrestati. Ma lo stato deve rispettare i requisiti di legge». La Corte ha però deciso di non ordinarne la chiusura immediata.

INTANTO A GAZA ieri è stata un’altra giornata di bombe su una scuola, routine che appare normalizzata. I palestinesi uccisi nella Ibn al-Haytham School sono otto, nel quartiere di Shujaya, a Gaza City. Anche quell’istituto era usato come rifugio agli sfollati. Le autorità israeliane hanno rilasciato la solita nota: un «bombardamento preciso» contro «un centro di comando e controllo di Hamas camuffato nella scuola Ibn al-Haytham».

Nelle stesse ore due uccisi e dieci feriti nell’attacco di un drone israeliano su un’auto nella zona «sicura» di al-Mawasi, sud-ovest della Striscia. Raid anche a nord, svuotato da mesi di gran parte dei propri abitanti ma dove resistono ancora decine di migliaia di civili, tanti rientrati dopo la fuga. Vivono nei cosiddetti «centri di evacuazione», le scuole, ormai prese di mira con cadenza regolare: «La gente ora scappa da quei centri – riporta il giornalista Tareq Abu Azzoum – per cercare rifugio sotto le tende tra le macerie delle case distrutte».

IERI IN EGITTO l’incontro tra il ministro degli esteri Badr Abdelatty e il segretario di stato Usa Antony Blinken ha consegnato nuovi impegni per un cessate il fuoco che non è nemmeno all’orizzonte. Abdelatty ha ribadito che Il Cairo non accetterà modifiche dello status del corridoio Philadelphia, 14 km di zona cuscinetto al confine tra Gaza ed Egitto, come vorrebbe Tel Aviv: un controllo israeliano della frontiera. Blinken ha definito l’accordo tra Israele e Hamas «una questione politica, più che di sostanza».

Nessun accenno alle armi Usa che rimpolpano l’arsenale israeliano e oggetto della nuova battaglia di Bernie Sanders: il senatore dem ha annunciato una proposta di legge per bloccare l’invio di 20 miliardi di dollari di armi Usa a Tel Aviv.

Secondo Reuters, anche la Germania segue a sorpresa la stessa via: Berlino avrebbe sospeso il rilascio di nuove licenze di vendite militari verso Israele. È in attesa della risoluzione di due controversie legali, ricorsi che l’accusano di complicità in crimini di guerra, uno di fronte a una corte tedesca e uno di fronte a quella internazionale dell’Aja.

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