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All’Onu il piano di Abbas, a Jabaliya raid su una scuola: 15 uccisi

I soccorritori nella scuola di Jabaliya colpita ieri da un raid israeliano foto Getty Images/Dawoud Abo AlkasI soccorritori nella scuola di Jabaliya colpita ieri da un raid israeliano – Getty Images/Dawoud Abo Alkas

Gaza è sola Di nuovo bombe israeliane su un edificio delle Nazioni unite usato come rifugio dagli sfollati. Intanto al Palazzo di Vetro il leader dell'Anp, debole e invisibile, presenta la sua proposta di pace

Pubblicato circa 4 ore faEdizione del 27 settembre 2024

Un piano in dodici punti per porre fine al genocidio a Gaza e all’occupazione israeliana: lo ha presentato ieri all’Assemblea generale dell’Onu Mahmoud Abbas, presidente dell’Autorità nazionale palestinese. Un leader debolissimo, già prima del 7 ottobre, che non è riuscito a offrire una visione unitaria né mera vicinanza a un popolo in pezzi: non si è visto tra la gente né in tv, per mesi è rimasto in silenzio, rappresentazione plastica della crisi profonda e probabilmente irrecuperabile dell’Anp.

IERI a New York ha assicurato che i palestinesi «non se ne andranno mai. La Palestina è la nostra patria, la terra dei nostri genitori e nonni. Se c’è qualcuno che deve andarsene sono gli usurpatori occupanti». Ha insistito sul ruolo futuro dell’Anp, come unica titolare di giurisdizione a Gaza e ha accusato gli Stati uniti di «incoraggiare» i massacri israeliani e il mondo di complicità.

Ha poi presentato i dodici punti a partire da un cessate il fuoco permanente, l’invio di aiuti, il ritiro israeliano da Gaza, il dispiegamento di una forza di interposizione internazionale e l’implementazione della risoluzione appena approvata dall’Assemblea Onu che chiede la fine dell’occupazione israeliana entro dodici mesi.

Mentre Abbas parlava, a Gaza la scuola Hafsa al-Faluja nel campo profughi di Jabaliya si trasformava in un inferno: un raid israeliano ha colpito un’ala dell’edificio delle Nazioni unite, utilizzato come rifugio dagli sfollati, uccidendo 15 persone. I video pubblicati online e sui giornali arabi mostravano i tentativi di recuperare i corpi, mescolati alle macerie e ai pochi averi degli sfollati, cibo in scatola e vestiti.

DALL’ESTATE i raid su scuole-rifugio sono ormai divenuti una nuova quotidianità: terrorizzano la popolazione, riducono gli spazi dove poter dormire e annullano quelli dove poter studiare. Gli insegnanti mettono su aule improvvisate tra le tende, a fronte dei numeri: oltre l’80% delle scuole gazawi sono distrutte o danneggiate.

Ieri l’Unrwa – l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi – ha avvertito: l’offensiva israeliana «nella previsione più ottimistica» farà perdere due anni di istruzione ai bambini e i ragazzi di Gaza, ma se la guerra continua «la perdita potrà estendersi fino a cinque anni». Raid ieri si sono registrati anche a Khan Younis, Rafah, Gaza City e Bureij.

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