La mobilitazione dei lavoratori della Marelli di Crevalcore ha ottenuto un primo risultato. Ieri pomeriggio al tavolo di crisi all’ex ministero dello Sviluppo, la proprietà ha annunciato la sospensione a tempo indeterminato della procedura di chiusura dello stabilimento in provincia di Bologna.

Sotto, a via Molise, erano in presidio – e in sciopero – gli operai di tutti gli stabilimenti dello storico gruppo che gli Elkann hanno venduto nel 2018 al fondo americano Kkr. Prima di Crevalcore, infatti, pareva essere Bari – dove verrà spostata la produzione di componenti per mototi endotermici – la fabbrica che sarebbe stata colpita dagli effetti della riconversione dell’automotive all’elettrico.

«La Fiom ha chiesto, insieme alle altre organizzazioni, il ritiro della procedura per l’apertura di una discussione per il rilancio industriale dello stabilimento che garantisca continuità occupazionale e produttiva. La sospensione a tempo indeterminato della procedura di chiusura dello stabilimento è un primo risultato, frutto anche della mobilitazione dei lavoratori di tutto il gruppo, ma non sufficiente. La vertenza è tutt’altro che risolta – commentano il segretario nazionale Samuele Lodi e il segretario di Bologna Simone Selmi – . La mobilitazione prosegue fino a quando sarà scongiurata la chiusura e non verrà garantita l’occupazione. Siamo l’unico paese in Europa a non avere un piano industriale sull’automotive. La vicenda della Marelli di Crevalcore è paradigmatica del futuro dell’auto e dovrà essere il modello di come affrontare le vertenze nel settore. Il governo deve aprire il tavolo sull’automotive e investire risorse pubbliche per salvaguardare produzione e occupazione in Stellantis e di tutta la filiera della componentistica, a partire da Marelli, in grado di affrontare la transizione ecologica della mobilità», concludono Lodi e Selmi.

Nonostante i 229 posti di lavoro diretti a rischio – relativamente pochi rispetto ad altre fabbriche chiuse in questi anni – la vertenza ha assunto un’attenzione mediatica fortissima perché si tratta della prima che chiusura motivata con lo stop al motore endotermico e per il fatto che tutta la politica si è impegnata contro la chiusura: ai cancelli di Crevalcore sono stati sia la segretaria del Pd Elly Schlein che il leader di Azione Carlo Calenda, seppur quest’ultimo sia stato ignorato volutamente dai lavoratori in presidio per l’assenza di autorevolezza del personaggio, dopo il precedente della chiusura dell’Embraco e per le farneticanti dichiarazioni sugli Elkann e la Cgil.

Anche le dichiarazioni del presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini lasciano intendere che la prospettiva più probabile non è una marcia indietro di Marelli – come sostiene il ministro Adolfo Urso: «abbiamo chiesto all’azienda di presentare quanto prima un piano industriale completo» – ma che altri imprenditori rilevino lo stabilimento di Crevalcore con una nuova produzione industriale. «Oggi si apre un nuovo cantiere, con la serietà di tutti i soggetti in campo, per trovare una soluzione per i 229 lavoratori coinvolti e il futuro dello stabilimento, sapendo che occupazione e sito produttivo vanno salvaguardati», ha dichiarato il presidente della Regione.

Oggi assemblee unitariamente a Crevalcore per «decidere le iniziative» in vista del prossimo tavolo al ministero previsto per l’8 novembre.