«Non mollate, noi non molliamo». È una Elly Schlein combattiva quella che ieri si è presentata di fronte ai cancelli della Marelli di Crevalcore, pochi chilometri a sud di Bologna. Gli operai assiepati in picchetto hanno risposto con un applauso e l’appello più ovvio: «questa vicenda non deve essere dimenticata».

La segretaria del Partito Democratico è arrivata nel capoluogo emiliano in un contesto di grande tensione. I lavoratori Marelli di Crevalcore – stabilimento attivo da cinquant’anni nel settore della componentistica per automobili – da una settimana contano i giorni che li separano dal licenziamento. La proprietà ha annunciato all’improvviso la decisione di dismettere il sito entro gennaio. Le cause, spiega l’azienda, sono da ricercare nella crisi energetica che tiene alte le spese e nel previsto calo della domanda per motori termici. Ma i sindacati non sono d’accordo. «Non abbiamo un problema di transizione ecologica», dice al presidio Mimmo Lisi, rappresentante sindacale in quota Fiom. Gli fa eco Simone Selmi, che di Fiom Bologna è segretario: «Questa fabbrica ha prodotti, richieste, competenze fino al 2028. Se chiude è per la volontà di ridurre i costi. Una parte della produzione sta venendo spostata nella sede di Bari, mentre il resto viene esternalizzato. Il problema è che gli operai sono lasciati soli di fronte alla finanza». Il riferimento è a Kkr, il fondo d’investimenti statunitense che controlla Marelli.

PIÙ DURA SUL CAPITOLO transizione la Uilm, che già il giorno prima aveva espresso perplessità sulla sostenibilità dell’elettrico. «Temiamo di essere le prime vittime di questa transizione». Ma il fronte sindacale è unito sulla richiesta principale: stop immediato ai licenziamenti. E i rappresentanti dei lavoratori insistono nel denunciare l’atteggiamento tenuto dalla proprietà prima della notifica di chiusura. «Abbiamo incontrato l’azienda in luglio, e non hanno accennato a niente di tutto ciò. Intanto stavano approntando le nuove linee produttive a Bari utili a sostituirci».

GLI OPERAI HANNO DECISO di proclamare due ore di sciopero in concomitanza con la visita di Schlein. La segretaria ascolta a lungo, poi prende il microfono e parla alla piccola folla di lavoratori e giornalisti: «Dobbiamo affrontare a testa alta la transizione. Siamo l’Italia, abbiamo gli strumenti e la storia per farlo. Ma serve una politica industriale seria», dice. Le bordate sono rivolte a governo e proprietà. «Ci aspettiamo che l’esecutivo si mobiliti. Meloni può contare su sei miliardi messi dal precedente governo per l’automotive: li usi per garantire la continuità occupazionale e il rilancio del sito. Poi c’è il nodo politico. Mentre qua chiude, Kkr vuole comprare le reti Tim: siamo sicuri che sia il partner adatto? Se il buongiorno si vede dal mattino, questa giornata è nera. E sicuramente chi ha i capitali per acquisire le reti italiane può investire su Marelli». Gli operai applaudono, lei promette: «non rimarrà solo una passerella».

LONTANO DAI CANCELLI, sui social e in tv, va in onda intanto uno scontro tutto politico: quello tra Carlo Calenda e la Cgil. Tutto ha inizio tre giorni fa, quando il leader di Azione diffonde su X (l’ex Twitter) un video dedicato alla vicenda Marelli. Nel filmato Calenda attacca, tra gli altri, Maurizio Landini. «Sapete perché Landini non ha lottato contro la diminuzione della produzione Fiat né di Marelli? Perché Elkann ha comprato Repubblica, e da quel momento per il sindacato è stato più importante andare d’accordo con l’azionista di Repubblica che combattere contro la deindustrializzazione dell’automotive». La Cgil risponde immediatamente: «ha offeso i lavoratori, non venga a Crevalcore».

Sul tema interviene Michele de Palma, segretario generale della Fiom. «Un ex ministro dello Sviluppo economico, non noto per aver risolto le crisi industriali, cerca visibilità mettendo in scena una rissa mediatica con la Fiom e la Cgil in un momento così delicato di una vertenza che vede a rischio industria e occupazione. È poco onorevole per il senatore Calenda insegnare alla Fiom di Bologna come fare sindacato, visti gli accordi che realizza e la rappresentanza che le conferiscono i lavoratori. Sarebbe stato meglio per il paese dimostrare con i fatti quando era Ministro ma purtroppo non ne ha memoria nessuno. Noi siamo concentrati sulla trattativa per salvare occupazione e futuro industriale alla Marelli di Crevalcore: i lavoratori sanno che c’è chi passa, ma quello che conta, è chi ai cancelli e in fabbrica con loro c’era, c’è e ci sarà». Calenda su X parla di «intimidazioni» e rilancia: oggi sarà ai cancelli.