Economia

Filiera dell’auto: «Serve una politica industriale»

Lo sciopero a piazza Santi Apostoli di Filctem, Femca, UiltecLo sciopero a piazza Santi Apostoli di Filctem, Femca, Uiltec – Foto Ansa

Mobilitazioni Sindacali Riempita piazza Santi Apostoli. Successo per lo sciopero unitario di 8 ore di Filctem Cgil, Uiltec e Femca Cisl

Pubblicato 2 giorni faEdizione del 26 ottobre 2024

Non ci sono solo i metalmeccanici a pagare la crisi dell’auto. Anzi, a pagarla per primi sono i lavoratori dell’indotto e della componentistica. Imprese che erano un vanto per il nostro paese, che fornivano i marchi più importanti, soprattutto tedesci. Nella produzione di gomme, sedili e vetri. Dopo lo sciopero dei metalmeccanici, ieri hanno scioperato e sono scesi in piazza i circa 45mila addetti per denunciare la crisi e il rischio di ulteriori delocalizzazioni.

A RIEMPIRE PIAZZA Santi Apostoli a Roma sono state tre le sigle di Cgil, Cisl e Uil dei settori chimica, gomma e plastica, vetro e tessile Filctem, Femca e Uiltec. Due i fronti su cui i sindacati chiedono di intervenire, in prospettiva e per l’immediato: da un lato di definire politiche industriali e investimenti, dall’altro di mettere in campo gli ammortizzatori sociali nel frattempo necessari a tutelare gli operai. «Il settore funziona col nostro lavoro», gridano al fianco di gomme dell’auto questa volta di cartone. Con loro anche i segretari generali della Cgil, Maurizio Landini, e della Uil, Pierpaolo Bombardieri, e la segretaria generale aggiunta della Cisl, Daniela Fumarola. Insieme su questo fronte, non su quello della manovra. Lo sciopero della filiera, come spiegano le sigle di categoria, arriva a valle di alcune scelte da parte del gruppo Stellantis che «penalizzano» i fornitori di componentistica localizzati in Italia a vantaggio di altre aziende con stabilimenti all’estero. Serve, invece, un piano «lungimirante». L’automotive «è a rischio, servono politiche industriali serie», dice Landini. «Abbiamo sentito tante chiacchiere. La realtà è che i lavoratori perdono salario e posti», attacca Bombardieri. A Stellantis «chiediamo che rispetti gli impegni» assunti con il sindacato e con il governo, rimarca Fumarola. E riparte la richiesta di «un tavolo di trattativa che ci permetta di salvare e rilanciare» il settore, insiste il segretario generale della Fiom Michele De Palma. Dalla piazza e dal palco si rilanciano i numeri della filiera e l’impatto sull’industria. Il problema non è solo rimandare lo stop ai motori a benzina e diesel del 2035.

«È DRAMMATICO doverlo registrare – attacca il segretario generale della Filctem Cgil Marco Falcinelli -, ma oggi governo e Confindustria sembrano alleati e complici nella scelta di strategie sbagliate che stanno portando l’industria al disastro. Il paese paga l’assenza decennale di politiche industriali. Tranne interventi che hanno agito solo sulla domanda. Le esperienze sono fallimentari, lo saranno ancora se le politiche non interverranno anche sul lato dell’offerta, aggregandola, orientandola e sostenendola selettivamente verso gli obiettivi e le sfide che la transizione ecologica e digitale».

«Fatichiamo a comprendere quali siano gli indirizzi di politica industriale», ma questo «non sia un alibi per delocalizzare la produzione in paesi dove la manodopera costa meno e dove non esistono diritti sindacali», ammonisce la segretaria generale della Uiltec Daniela Piras. Di fatto, la delocalizzazione «sta determinando una progressiva perdita di posti di lavoro e una riduzione di competitività delle aziende italiane», avverte la segretaria generale della Femca Cisl Nora Garofalo.

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