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Mare Jonio diffidata: «Non deve soccorrere». L’ong: «Atto politico»

Mare Jonio diffidata: «Non deve soccorrere». L’ong: «Atto politico»La nave Mare Jonio di Mediterranea – LaPresse

Migranti Il provvedimento firmato dalla capitaneria di porto di Trapani dopo l’ultima missione, realizzata ad agosto insieme alla Cei. In tre interventi, in cooperazione con le autorità italiane, ha salvato 182 persone

Pubblicato 2 mesi faEdizione del 4 settembre 2024

Diffidati «dal continuare ad intraprendere ogni attività preordinata alla effettuazione sistematica del servizio di ricerca e soccorso in mare in assenza della relativa certificazione di idoneità». Dice così il provvedimento inviato alla Idra Social Shippping, società proprietaria e armatrice della Mare Jonio, la nave italiana su cui opera l’ong Mediterranea. La firma in calce è del comandante del porto di Trapani, Guglielmo Cassone, e la data quella di lunedì scorso. In caso di inosservanza, è scritto, scatteranno le sanzioni ai sensi dell’articolo 650 del codice penale, che punisce con l’arresto fino a tre mesi chi disobbedisce a un ordine dell’autorità.

COME SPESSO ACCADE con le navi umanitarie c’è un cavillo tecnico, di difficile comprensione per i non addetti ai lavori, che fa da gancio a questioni politiche, che invece tutti intuiscono. In questo caso la motivazione ufficiale è una differenza tra il certificato di classe e la certificazione di idoneità sui «servizi» che l’imbarcazione è abilitata a svolgere. Il primo è stato rilasciato dal Rina – il Registro italiano navale, fondato a Genova nel 1861 – ovvero l’organo tecnico che esamina e registra le caratteristiche delle navi che lo richiedono. In questo caso, però, la capitaneria di porto di Trapani non accetta che al punto quattro dei servizi presenti nel certificato di classe sia scritto: «Nave particolarmente equipaggiata per recupero ed alloggio di naufraghi» (con tanto di dettagli, anche numerici).

Il documento risale a maggio 2023 ed è stato confermato da un’ispezione del Rina di questo agosto. A settembre dell’anno scorso, però, la capitaneria di porto siciliana si è rifiutata di includere nella certificazione di idoneità anche quel comma, intimando di «rimuovere dalla nave prima della partenza le attrezzature e gli equipaggiamenti imbarcati a bordo per lo svolgimento del servizio di salvataggio».

LA CONTESTAZIONE è che i soccorsi sono svolti in maniera «sistematica». Un vecchio cavallo di battaglia contro le ong, dal processo Iuventa in giù, che affonda nella mancanza di una specifica disciplina su questa attività quando è svolta da navi civili. Per alcuni dovrebbe quindi essere vietata, per altri libera. La questione dell’idoneità della Mare Jonio, comunque, è finita davanti al Tar del Lazio, dove è ancora pendente il ricorso della ong.

«Sarebbe interessante capire perché la capitaneria di porto rifiuta di riconoscere quanto stabilito dall’organo tecnico. Se fosse una nave commerciale fioccherebbero le richieste di risarcimento», afferma Vittorio Alessandro, ammiraglio in congedo della guardia costiera.

DEL RESTO dal settembre 2023 la Mare Jonio ha svolto quattro missioni nel Mediterraneo. Due volte è stata fermata, ma ai sensi del decreto Piantedosi (per violazioni che la ong ha contestato davanti ai giudici). Solo dopo l’ultima operazione, realizzata con la barca d’appoggio della Fondazione Migrantes della Conferenza episcopale italiana (Cei), è ritornato il cavillo dell’idoneità.

Tra il 24 e il 25 agosto la nave umanitaria aveva salvato 182 persone in tre interventi: i primi due si sono conclusi con il trasbordo dei naufraghi sulle motovedette Cp311 e Cp327 della guardia costiera italiana; l’ultimo – «sempre coordinato con il proprio Centro di soccorso marittimo di bandiera», ha dichiarato la ong – con l’assegnazione del porto di Pozzallo.

QUELLA MISSIONE, soprattutto per il sostegno esplicito della chiesa e del papa, ha creato diversi mal di pancia nel governo. Tanto che, secondo quanto scritto da La Verità, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha raccolto durante un vertice di coordinamento del 28 agosto «una lunga informativa dei vertici di guardia costiera e dipartimento di polizia».

«È un provvedimento grave. E paradossale al tempo stesso – scrive Mediterranea – Senza alcun dubbio è un’iniziativa voluta da governo, Viminale e ministro dei Trasporti. Un ulteriore capitolo nella guerra cieca e insensata contro le navi della flotta civile e il soccorso in mare». La ong, comunque, ha già chiarito: non ci faremo intimidire, torneremo presto a soccorrere.

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