La Ong italiana Mediterranea saving humans venerdi 3 novembre ha depositato al tribunale di Trapani il ricorso contro i ministeri degli Interni, delle Infrastrutture e Trasporti, e dell’Economia e Finanze per ottenere la cancellazione del verbale di “fermo amministrativo nave”, notificato al comandante e all’armatore della Mare Jonio, la nave umanitaria della stessa ong, lo scorso 18 ottobre.

Il fermo era stato notificato in seguito all’operazione di soccorso condotta dalla Mare Jonio in acque internazionali nell’area di ricerca e soccorso su cui è responsabile Tripoli, nella serata di lunedì 16 ottobre.

Nel provvedimento di fermo amministrativo si legge che la Mare Jonio non avrebbe “immediatamente informato del soccorso il centro di coordinamento competente per il soccorso marittimo nella cui area di responsabilità si è svolto l’evento” e soprattutto che “non è stata richiesta, nell’immediatezza dell’evento, l’assegnazione del porto di sbarco” – che per il governo italiano andava chiesto a Tripoli.

E’ la prima volta che una nave umanitaria viene sanzionata per quest’ultima motivazione. Era già successa una cosa simile lo scorso agosto con il fermo dell’Aurora, nave della Ong Sea watch, la quale non si era rivolta alla Tunisia per chiedere un porto di sbarco, come era stato indicato dal governo italiano dopo che il capitano aveva rifiutato il porto di Trapani perché troppo distante.

L’Aurora era stata conseguentemente fermata per 20 giorni al porto di Lampedusa, l’ong aveva sottolineato che la Tunisia non può essere considerata un porto sicuro nonostante per l’Italia lo sia.

Ma la Libia non lo è neanche per il nostro governo. Per questa ragione il ricorso di Mediterranea redatto dalle avvocate Cristina Laura Cecchini, Giulia Crescini e Lucia Gennari, insiste sul fatto che “la Libia non può essere considerata un luogo sicuro dove sbarcare i naufraghi e le sue autorità pertanto non possono essere considerate interlocutrici legittime al momento in cui sia necessario ricevere istruzioni in merito allo sbarco di naufraghi”.

Nel ricorso sono inoltre riportati gli stralci più significativi dei rapporti e delle agenzie delle Nazioni unite che hanno descritto e documentato “le condizioni cui sono costretti i migranti nei centri di detenzione libici, che costituiscono tortura e trattamento inumano e degradante” e le prove della complicità della ‘cosiddetta guardia costiera’ con chi detiene le persone migranti in Libia.

“Illegittima – conclude la Ong – è, dunque, la pretesa del governo italiano che la Mare Jonio consegnasse alle ‘autorità libiche’ le 69 persone soccorse a bordo e illegittime sono la sanzione e il fermo che ha colpito la nave. Ancora più grave è il tentativo – evidente nei simili provvedimenti che hanno colpito Aurora e, più recentemente, Sea-Eye 4 – di imporre Libia e Tunisia come ‘porti sicuri’ quando è sotto gli occhi di tutti come consegnare le persone soccorse in mare alle milizie e ai militari di quei paesi significa condannare a un destino tragico donne, uomini e bambini che sono alla ricerca di protezione in Europa”.