Economia

Manovra, la coperta è corta: arrivano 2 miliardi di tagli

Manovra, la coperta è corta: arrivano 2 miliardi di tagliIl ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti – Ansa

Legge di bilancio Il governo vara la Nadef. E Giorgetti parla di «spending review» da fare nei ministeri. Deficit al 4,3%, il Pil all’1,2 nel 2024, ma per Bruxelles è all’0,8 14 miliardi in dote. Auspici e timori di un esecutivo debole e incerto, senza risposte strutturali alla crisi e all'inflazione

Pubblicato circa un anno faEdizione del 28 settembre 2023

Il superbonus edilizio al 110%, la politica monetaria restrittiva della Banca Centrale Europea (Bce), la guerra in Ucraina che ha contribuito all’aumento dei prezzi delle materie prime alimentari ed energetiche e, soprattutto, il probabile (ma non ancora scontato) ritorno del «Patto di stabilità e crescita» limiteranno decisamente la seconda legge di bilancio 2024 del governo Meloni.

L’IMMINENTE RITORNO alle nuove regole dell’austerità, in presenza di una crisi dei redditi e dei salari creata dalla fiammata inflazionistica che non accenna a diminuire realmente, è la cornice economico-politica che ha segnato l’aggiornamento del documento di economia e finanza (Nadef) varato ieri dal consiglio dei ministri e inviato subito ai custodi dei conti della Commissione Europea a Bruxelles.

PRESENTATO dal governo come un documento «prudente», «responsabile» e coerente con le indicazioni della Commissione Ue, la Nadef sembra contenere alcune stime ottimistiche. In particolare per quanto riguarda la crescita del Prodotto Interno Lordo (Pil). Il governo la stima per il 2024 all’1,2% mentre Bruxelles ha sostenuto che sarà allo 0,8% nelle previsione economiche di autunno pubblicate l’11 settembre scorso. Se così stanno le stime, si presume che ci sarà da discutere a Bruxelles dove il governo dovrà inviare il Documento programmatico di bilancio (Dpb) entro il 15 ottobre. E, entro il 20 ottobre, il disegno di legge di bilancio.

NON È UNA DIFFERENZA da poco perché, anche da questo indicatore sulla «crescita», dipende la disponibilità di risorse che saranno a disposizione del governo per finanziare gli interventi a beneficio dei redditi medio bassi, e il taglio cuneo e misure premiali per la natalità, i fondi per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego a cominciare dalla sanità. Impegni presi da Meloni & Co. per contenere la crisi del potere di acquisto peggiorata con l’inflazione.

CON L’INDEBITAMENTO tendenziale che nel 2024 dovrebbe passare dal 3,6% al 4,3% del Pil programmatico, e un rapporto debito pubblico e Pil al 141,7 del 2022 al 139,6% nel 2026 il governo dice che avrà a disposizione circa 14 miliardi di euro di deficit. Con questi soldi dovrebbe riuscire a finanziare le misure promesse. È difficile che siano sufficienti per rendere strutturale il taglio del cuneo fiscale o per rinnovare il nuovo triennio contrattuale già iniziato.

SEMPRE CHE L’EUROSTAT non riaggiorni, com’è capitato l’altro ieri, l’impatto del superbonus anche sui conti del prossimo anno. è per questa ragione, infatti, che nel 2023 il deficit è salito al 5,3% a causa della contabilizzazione del Superbonus. Per il prossimo anno si resta in attesa degli effetti delle decisioni prese dal governo. Non va esclusa un’ulteriore revisione da parte dell’Eurostat. In tal caso è probabile che il governo dovrà rivedere al ribasso le sue previsioni. Va comunque segnalata l’anomalia delle revisioni delle regole statistiche della contabilizzazione che non aiuterebbe nessun governo. Anche quello di chi oggi sta all’opposizione e critica chi è in carica.

«IL MOTIVO per cui il debito non diminuisce come auspicato è perché il conto da pagare dei bonus edilizi, in particolare il Superbonus, sono i famosi 80 miliardi, ahimé in aumento, in 4 comode rate – ha ribadito il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti nella conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri – In assenza di questo effetto il debito sarebbe più basso di un punto percentuale ogni anno».

«RITENIAMO di aver fatto le cose giuste» e di essere nella cornice delle regole europee. «Non rispettiamo il 3%» del deficit «ma la situazione complessiva non induce a ritenere di fare politiche pro-cicliche che alimentano la recessione e quindi l’asticella si sposta a un livello di ragionevolezza» ha aggiunto Giorgetti. Ciò non toglie che, se partirà il nuovo patto di stabilità dal prossimo anno, sarà proprio verso lo scenario della politica «pro-ciclica» che il governo dovrà andare. Lo si vede già dai due miliardi di tagli alla spesa dei ministeri annunciati da Giorgetti. «Il lavoro che non hanno fatto i singoli ministri lo farò io» ha detto.

QUELLO che è certo è che l’inflazione finirà forse solo alla fine del 2025 (la stima è della Bce). Ciò obbligherà a mantenere alti e a lungo i tassi di interesse. Giorgetti ha detto che se la presidente Bce Lagarde fosse al suo posto, sarebbe contraria alle politiche che sta facendo. E se lui fosse al posto della Lagarde farebbe le cose che sta facendo lei. Ecco, in questo sdoppiamento di ruoli, e nell’inconciliabilità delle prospettive, cresce la nuova crisi che colpisce i salari e i redditi.

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