Un terzo della legge di bilancio (9-10 miliardi di euro) sarà bruciato dal taglio del cuneo fiscale per i redditi medio-bassi. È questa la misura principale anti-inflazione, già sperimentata con scarsi risultati l’anno scorso, sulla quale si arrovella il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti. Il quale già sa che non sarà una misura strutturale e che svuoterà le già «scarse risorse». Le stesse che presumibilmente sarebbero potute andare alla sanità (sono stati chiesti 4 miliardi), per non parlare dei rinnovi dei contratti del pubblico impiego.

Si presume che pioveranno briciole, «una tantum» ma non sarà risolto il problema politico di fondo: lo Stato, indipendentemente dal governo di turno, non rinnova tempestivamente i contratti pubblici per risparmiare. Mentre 3 milioni di dipendenti perdono potere d’acquisto. E poi, forse come promemoria al proprio governo, Giorgetti ha avvertito: «Se badiamo solo alla distribuzione di prebende, sussidi e sovvenzioni che non possiamo permetterci non andremo lontani. Abbiamo già sperimentato l’effetto di politiche che illudono le persone e drogano l’economia».

Messaggio polemico contro il Superbonus (oltre 100 miliardi) che avrebbe tolto spazio a «tesoretti» in presenza del miglioramento di 0,2 punti del deficit nel 2021 attestato ieri dall’Istat. Il «superbonus» «ha annullato la revisione». Alle Europee 2024 la manovra non darà una «spinta propulsiva» per il governo. Che infatti si abbatte sui simboli e sugli inermi