Meloni ammaina gli slogan contro Big Pharma, utili in campagna elettorale per solleticare il voto No Vax. Adesso l’industria farmaceutica va accarezzata come altri portatori di interessi. E così nella manovra 2024 c’è un regalo anche per le imprese di un settore che fattura 50 miliardi di euro. Innalzando il tetto di spesa per gli acquisti farmaceutici delle Regioni, come prevede l’articolo 44 della legge di bilancio, il governo Meloni regala alle aziende un sostanzioso taglio ai loro versamenti allo Stato calcolati in base al cosiddetto payback.

Il meccanismo, introdotto nel 2006, va spiegato. Ogni anno il governo fissa un tetto alla spesa sostenuta dagli ospedali per l’acquisto dei farmaci. In caso di sforamento, ripianare i conti spetta per metà allo Stato e per metà alle imprese, che in questo modo sono incentivate a tenere bassi i prezzi dei farmaci e a non approfittare (troppo) del regime di monopolio garantito da brevetti e altre esclusive. Dal punto di vista delle aziende, dunque, più alto è il tetto e minore è il rischio di superarlo facendo scattare l’odiato payback. Nel 2022 il tetto era al 7,65% del fondo sanitario nazionale ed è stato sforato per circa 2,7 miliardi di euro. Le aziende hanno dovuto contribuire al bilancio sanitario pubblico con oltre un miliardo.

Da anni i lobbisti premono affinché il rimborso sia abolito o ammorbidito. Draghi era andato incontro alle loro richieste prevedendo un aumento del tetto fino all’8,3% nel 2024. Meloni ha fatto ancora di più per Farmindustria portando il tetto all’8,6%, circa 11 miliardi di euro. Risultato: secondo gli analisti il payback delle aziende sarà quasi dimezzato. Oltre a far risparmiare centinaia di milioni alle imprese, l’aumento della spesa per i farmaci sottrarrà risorse preziose alla sanità pubblica già penalizzata dalla manovra.

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In più, per coprire la maggiore spesa ospedaliera il governo ha tagliato il budget per il rimborso dei farmaci venduti in farmacia. In questo caso, il tetto per la cosiddetta «spesa farmaceutica convenzionata» scende dal 7 al 6,7% del fondo sanitario nazionale. Finora le risorse avanzavano: nel 2022, la spesa si è fermata a 8 miliardi di euro, 700 milioni sotto il tetto. Con la nuova soglia il margine a disposizione per allargare il novero dei farmaci gratuiti si assottiglia di circa 400 milioni.

Tra quelli in bilico c’è la pillola anticoncezionale. Con il governo Draghi, l’iter per fornire gratuitamente in farmacia i contraccettivi femminili sembrava ben avviato all’Aifa. D’accordo con la nuova maggioranza, negli ultimi mesi il presidente dell’agenzia Giorgio Palù ha bloccato il dossier sollecitando nuove verifiche della copertura finanziaria. Una richiesta pretestuosa dato che, come mostrano i numeri, i soldi c’erano eccome. Ma utile per impedire che un diritto basilare delle donne fosse finalmente garantito. Con il taglio, e l’ormai imminente riforma dell’Aifa che ne azzererà gli organi di valutazione, la pillola gratuita adesso si allontana definitivamente.