La riforma dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) non è ancora pronta e questo potrebbe incidere anche sulla distribuzione gratuita della pillola anticoncezionale. Nella riunione del 3 maggio, il governo ha infatti prorogato fino al 1 ottobre la durata dell’incarico per i componenti della Commissione tecnico scientifica e del Comitato prezzi e rimborso dell’Aifa. Si tratta dei due organismi che valutano la qualità e la sicurezza dei farmaci e ne stabiliscono il prezzo per il pubblico. Entrambe le commissioni avrebbero dovuto decadere naturalmente nel novembre 2021 per poi essere riunificate in una singola «Commissione scientifica e economica del farmaco» prevista dalla riforma dell’Aifa. Ma sei proroghe e l’emergenza pandemica ne hanno prolungato la durata ben oltre i termini naturali.

Il rinvio fa capire che la riforma si sta rivelando più complicata del previsto. È stato uno dei primi «blitz» del governo Meloni, che a dicembre 2022 ha messo le mani sull’Agenzia infilando la sua ristrutturazione in un decreto sul rifinanziamento delle missioni militari italiane all’estero. La riforma mirava soprattutto a estromettere l’allora direttore generale Nicola Magrini, fortemente inviso alla destra e a concentrare tutto il potere nel presidente, il virologo Giorgio Palù sponsorizzato dalla Lega. Il governo deve aver poi scoperto che per riscrivere lo statuto dell’Agenzia e nominarne tecnici e dirigenti non bastano poche settimane. Anche perché i veti incrociati nel centrodestra non mancano mai, come insegna la vicenda delle partecipate

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La proroga delle commissioni tecniche adesso si incrocia con quella della gratuità della pillola anticoncezionale. Alla conquista di un diritto storico manca solo il via libera del Consiglio di amministrazione, egemonizzato dalla destra a partire dal presidente Palù e dunque piuttosto riluttante.

Dopo il parere positivo degli organi tecnici, per bloccare la gratuità della pillola il Cda potrebbe aggrapparsi solo a ragioni di natura economica. Garantire l’accesso ai contraccettivi costa 140 milioni, che vanno trovati nel fondo per la spesa farmaceutica già stanziato dal governo come ha specificato il ministro Schillaci rispondendo a un’interrogazione parlamentare del 4 maggio della deputata Luana Zanella (Avs).

Nel 2022, la spesa farmaceutica convenzionata è stata inferiore allo stanziamento di circa 727 milioni, dunque il margine ci sarebbe. Se nella riunione prevista per la fine di maggio il Cda però richiederà un supplemento di istruttoria alla luce dell’attuale congiuntura economica, servirà un nuovo negoziato con le aziende, magari limitando la platea o la tipologia di prodotti rimborsati. Oppure attendere che la prossima legge di bilancio stanzi nuove risorse. Con la riforma dell’Agenzia in arrivo, l’iter potrebbe a quel punto ripartire dalla casella di partenza. La melina farebbe contenta la destra pro life. Ma finché il governo non trova un accordo sulle nomine, di proroga in proroga la partita rimane aperta.