Venerdì il consiglio di amministrazione dell’Agenzia Italiana per il Farmaco (Aifa) è tornato a discutere sulla gratuità della pillola contraccettiva femminile. Anche se l’istruttoria rimane formalmente aperta, la proposta appare destinata a un binario morto. Il parere decisivo sulla rimborsabilità spetta alla «Commissione tecnico-scientifica» (Cts), che valuta l’efficacia e la sicurezza delle terapie, e alla «Commissione prezzi e rimborsi» (Cpr) deputata a fissare la quota del loro costo di cui si fa carico lo Stato. Entrambe le due commissioni però sono decadute ieri per fine mandato dopo ben due proroghe rispetto alla loro scadenza naturale, fissata inizialmente per novembre 2021. Rimarranno in carica per altri 45 giorni in attesa delle nuove nomine del prossimo governo. Che la questione si sblocchi proprio adesso è assai improbabile.

DOPO MOLTI MESI di discussione, i membri della commissione non hanno trovato un accordo. A mettersi di traverso sarebbero i commissari nominati dalle regioni governate dalla destra. La maggiore opposizione verrebbe proprio da due donne: Giovanna Scroccaro, inviata alla Cpr dal Veneto di Luca Zaia, e Ida Fortino, rappresentante in Cts della Lombardia di Fontana e Moratti. Su loro indicazione, le commissioni avrebbero chiesto un ulteriore approfondimento che potrebbe arrivare fuori tempo massimo. All’Aifa il fortino lombardo-veneto è ben presidiato anche dal presidente Giorgio Palù da Treviso e da Davide Caparini, fedelissimo bossiano e creatore di Aria Spa, la centrale acquisti della Regione Lombardia commissariata per le sue inefficienze durante la pandemia.

LA RAGIONE INVOCATA per bloccare la decisione è la copertura finanziaria, ma è un pretesto facile da smontare. Secondo il rapporto nazionale Aifa sull’uso dei farmaci (ed. 2021) la spesa privata per l’acquisto della pillola è pari a circa 200 milioni di euro l’anno. Se a negoziare il prezzo fosse il governo, il prezzo dei contraccettivi calerebbe notevolmente. Se poi la gratuità del farmaco fosse garantita solo fino ai 25 anni di età (come nei piani del ministro Speranza) l’esborso sarebbe ancora inferiore e certamente alla portata delle casse dello Stato.

Nel solo primo quadrimestre del 2022, le Regioni hanno speso 140 milioni di euro meno del tetto previsto dal governo (circa 2,8 miliardi di euro), un margine largamente sufficiente. Peraltro, se i mezzi di contraccezione fossero tutti gratuiti, ha spiegato la ginecologa Marina Toschi al sito Il Post, il costo di un aborto chirurgico risparmiato permetterebbe di acquistare e mettere cento spirali a chi ne ha bisogno.

L’OPPOSIZIONE alla gratuità della pillola dunque è solo ideologica o mirata al posizionamento politico. All’Aifa non scadono solo le commissioni consultive, ma anche i vertici. Il nuovo governo dovrà nominare direttore generale e presidenza. L’elezione di due presidenti delle Camere come La Russa e Lorenzo Fontana fa capire la natura degli equilibri interni alla maggioranza in materia di diritti.

Sull’Agenzia avanza pretese il Veneto di Luca Zaia, che in campo sanitario vanta una notevole esperienza manageriale. Il suo uomo forte è Domenico Mantoan, per un decennio capo assoluto della sanità veneta e poi dg all’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas). All’Aifa ci è già stato come presidente e per un certo periodo ha fatto tutte e tre le cose insieme. Viene dato in corsa lo stesso Palù. Negli ultimi due anni ha pensato soprattutto a fare la guerra al suo direttore generale Nicola Magrini, ostacolandone in ogni modo la proposta di riforma (e rafforzamento) dell’Agenzia. Palù gode di  ottimi rapporti con Enrica Giorgetti, da quasi vent’anni a capo di Farmindustria. Candidata è la stessa Scroccaro, direttrice del settore farmaci, protesi e dispositivi medici della regione di Zaia e già presidente della Cpr.

ATTUALMENTE, solo Emilia-Romagna, Toscana, Puglia e (da pochi giorni) il Lazio offrono la pillola in modo gratuito, nonostante diverse leggi italiane già prevedano che sia lo Stato a fornire «i mezzi necessari alla procreazione responsabile». I contraccettivi ormonali in effetti sono stati a lungo in fascia A (totale rimborsabilità). È durata fino al Fertility Day del 2016, quando l’Aifa li classificò tra i farmaci a pagamento su input di Beatrice Lorenzin, allora ministra della salute e oggi responsabile delle politiche sanitarie del Partito Democratico.