Con poche righe di emendamento al decreto legge cosiddetto «Nato e Regione Calabria» vengono cambiate alcune caratteristiche istitutive dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa). In sé nulla di strano, a quasi vent’anni dalla sua istituzione. Più anomali, invece, l’intento di introdurre il riordino con un emendamento e il silenzio da parte di coloro che avrebbero potuto avere voce in capitolo.
I contenuti dell’emendamento possono appassionare poco, ma avranno rilevanti ricadute sul funzionamento concreto di un’istituzione. La prima è la soppressione della figura del Direttore generale quale organo e rappresentante legale dell’Aifa e l’attribuzione di queste funzioni al Presidente.

Mentre oggi il governo dell’Aifa è affidato a due organi – il direttore generale per le funzioni di gestione e rappresentanza legale e il consiglio di amministrazione per quelle di indirizzo e controllo – in futuro, il potere di gestione e di rappresentanza legale sarà nelle mani del Presidente, il quale si troverà quindi a presiedere l’organo da cui dovrebbe essere controllato. Ciò che doveva essere un riequilibrio è diventato un forte accentramento di poteri.

La seconda è la fusione delle due commissioni tecniche che stabiliscono il rimborso e i prezzi dei farmaci, sostituite da un’unica «Commissione scientifica ed economica del farmaco». Ne faranno parte solo dieci componenti, mentre attualmente i componenti sono dieci per ciascuna delle due commissioni. Sembra poco probabile che un numero così ridotto di componenti possa essere in grado di coprire l’ampia gamma di attività che sono in capo alle due commissioni attuali. A meno che, come già ventilato diverse volte in passato, l’obiettivo non sia quello di trasferire fuori dall’Aifa la negoziazione dei prezzi dei farmaci rimborsati, indebolendo così ulteriormente l’agenzia.

La terza è il ripescaggio di due figure – il direttore scientifico e il direttore amministrativo – già introdotte nel 2019 ma da allora dimenticate e mai insediate, a dire della rilevanza attesa e dell’urgenza di questo cambiamento.

Troppo facile notare i limiti di questo riordino, che rischia di impantanare l’Aifa, di renderla meno autonoma e con un potere più concentrato nelle mani del futuro Presidente. Ancora più facile rilevare che la proposta non è stata preceduta da alcun documento che provasse a motivare la necessità del cambiamento e a spiegare la coerenza degli strumenti proposti.

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Sarebbe però ingiusto prendersela con i senatori dell’attuale maggioranza di governo che, pur non essendosi mai occupati del ruolo e del funzionamento dell’Aifa, con il loro emendamento si sono incaricati di cambiare elementi centrali del funzionamento dell’agenzia.

È più grave che non si sia sentita la voce del Ministro della salute Schillaci, dal quale sarebbe dovuto arrivare un indirizzo chiaro, visto che l’Aifa è, insieme all’Istituto superiore di sanità, il principale organismo tecnico-scientifico «controllato» dal Ministero. Grande silenzio anche da parte delle Regioni, che nominano la metà dei componenti delle due commissioni tecniche e del Cd, nonostante conoscano bene il ruolo dell’Aifa nel garantire l’accesso ai farmaci efficaci.

Imbarazzante anche il sostanziale silenzio delle opposizioni, quasi che in questi anni non ci fosse stato un Ministro della salute di centrosinistra. Evidentemente, considerano normale che le istituzioni possano essere maltrattate in questo modo. Forse più atteso il silenzio di Farmindustria, contrariamente a quello che di solito avviene quando si toccano interessi in ambito di farmaceutica. Ma, d’altra parte, in questo caso il cambiamento va nella direzione di ridurre l’autonomia di un’agenzia tecnica e aumentare l’invadenza politica.

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In questi anni, nel corso dell’emergenza Covid-19, l’Aifa ha fatto un lavoro doppio. Oltre a far fronte alle attività ordinarie, l’Aifa ha assunto un ruolo di primo piano nel fornire indicazioni sull’uso di farmaci e vaccini nella gestione del Covid-19. Basti citare un indicatore: nel corso del 2020, la Commissione tecnico-scientifica si è riunita per 144 giorni. Chi lo ha fatto, sapeva di contribuire a un’istituzione con un valore centrale nella tutela della salute dei cittadini.

Molte volte si è sostenuto che in democrazia le forme sono sostanza. Le forme adottate per questo pseudo-riordino dell’Aifa sono un errore, che testimonia paura di una discussione pubblica intorno al destino di una importante istituzione nazionale che opera a difesa della sanità pubblica.

*Le opinioni espresse sono attribuibili esclusivamente all’autore e non impegnano in alcun modo l’istituzione di appartenenza