È un decreto che ha dentro disposizioni di legge tanto diverse tra loro che l’opposizione prova, invano, a fermarlo con un’eccezione di costituzionalità motivata con l’eterogeneità del contenuto. Ma alla fine la norma che porta qualche guaio alla maggioranza non è quella sui rave, la più discussa, o quella sul rinvio della riforma del processo penale o quella sull’ergastolo ostativo, ma quella che ha consentito il rientro in corsia, ai primi di novembre, dei medici e degli altri operatori della sanità non vaccinati. Licia Ronzulli, la mancata ministra di Forza Italia del governo Meloni, annuncia direttamente in aula (in commissione non c’era stata traccia di questi distinguo) che lei non voterà l’articolo in questione (il 7) né parteciperà al voto sull’intero provvedimento. «I medici che non si sono vaccinati hanno mancato a un codice etico e morale che la professione impone», spiega la senatrice che ha sempre presidiato il fianco pro vaccini di Fi. Spiega che la sua è una decisione «a titolo personale». Ma del partito di Berlusconi è la capogruppo.

Oggi pomeriggio, nel voto finale del senato sulla conversione del decreto, si conteranno le astensioni e defezioni di Forza Italia, sicuramente Ronzulli non resterà sola. Non è casuale che questa ulteriore presa di distanza dal resto del centrodestra sia arrivata all’indomani della cena di Natale ad Arcore, dove Berlusconi ha giurato di non voler arretrare «di un millimetro» dalle sue posizioni, confortato dai suoi fedelissimi tra i quali Ronzulli. Del resto in questo che è passato come «decreto Rave» le misure che strizzano l’occhio ai no vax sono più di una, a partire dal rinvio dell’esecutività delle multe per gli over 50 che, al 15 giugno scorso, non avevano adempiuto all’obbligo vaccinale: tutto rinviato al 30 giugno 2023. E con emendamenti in aula sono entrate altre due proposte di Fratelli d’Italia che consentono, festeggia il senatore Zaffini, presidente meloniano della commissione sanità, di «mantenere gli impegni assunti in campagna elettorale e finalmente ripristinare la libertà». In pratica non serviranno più tampone negativo o vaccino neanche per i visitatori delle Rsa e delle sale di attesa dei pronto soccorso. Pd e Azione cercano di esaltare la spaccatura nel centrodestra che, secondo la capogruppo dem Malpezzi, «è andato in pezzi». Al che Ronzulli replica assicurando che «la maggioranza è sana, non a pezzi per il voto di coscienza e coerenza di un singolo senatore».

La coerenza di una singola (vedremo oggi quanto veramente singola) fa ombra al resto del dibattito sul decreto, peraltro congelato negli esiti: le uniche correzioni consentite dalla maggioranza sono state (a parte quella sul green pass) su questioni formali proposte dalla relatrice, senatrice Bongiorno. La correzione fatta in commissione della norma «anti Rave» per le opposizioni è migliorativa del testo del governo, ma ancora sbagliata. Adesso, per evitare che il divieto si estenda ad altro genere di manifestazioni e raduni, il nuovo testo sanziona pesantemente (con multe fino a 100mila euro, la reclusione fino a 6 anni e la confisca dei mezzi) i raduni musicali «o con altro scopo di intrattenimento» che mettono in pericolo «la salute o l’incolumità pubblica a causa della inosservanza delle norme in materia di sostanze stupefacenti ovvero in materia di sicurezza o di igiene degli spettacoli», fattispecie dunque ancora assai vaga. Resta intatta, vista la pesantezza della pena massima, la possibilità di intercettare i sospetti. «Il ministro della giustizia – interviene sul punto il senatore Bazoli del Pd – ha detto che il grande problema nel nostro paese è l’uso smisurato delle intercettazioni. Ma la prima legge del governo è una nuova norma penale che le consente. E Nordio che dice? Si augura che siano poco utilizzate. Hai capito!». Eppure il Pd, esattamente come i 5 Stelle, attacca la maggioranza per la decisione – presa in commissione – di riportare la competenza sui permessi premio e il lavoro esterno dei detenuta per mafia al giudice monocratico di sorveglianza. Che così, sostengono dem e grillini, sarebbe esposto alle minacce dei boss. Ma le decisioni sui permessi , che possono essere anche frequenti, sono assai meglio valutabili dal giudice di prossimità. Che lascia, peraltro, la possibilità al detenuto di un ricorso in più (al tribunale e non solo per Cassazione) nel caso di risposta negativa. Una correzione, in questo caso, positiva.