La 25esima conferenza internazionale sull’Aids è iniziata lunedì a Monaco di Baviera con un richiamo piuttosto atipico: «Gilead, so che siete in sala!». A lanciare l’appello, quasi un urlo, è stata Winnie Byanyima, direttrice esecutiva del Programma internazionale delle Nazioni Unite su Hiv e Aids (Unaids). Il destinatario è la casa farmaceutica statunitense Gilead. L’azienda detiene il brevetto su un farmaco che potrebbe sconfiggere l’Aids e sarà una delle protagoniste – non necessariamente in positivo – della conferenza. «Avete l’occasione di essere la prima azienda che vince un premio Nobel. I riconoscimenti non vengono solo dai profitti» li ha avvertiti Byanyima.

A mettere Gilead sotto i riflettori dei 18 mila partecipanti alla conferenza organizzata dalla International Aids Society è un farmaco denominato lenacapavir. È un anti-retrovirale già usato dalle persone sieropositive resistenti ai farmaci tradizionali. Una ricerca condotta in Sudafrica però ha dimostrato che il lenacapavir è ancora più efficace per la «profilassi pre-esposizione», cioè nel prevenire l’infezione nelle persone a rischio. Lo studio, ancora in corso, coinvolge cinquemila donne. Tra le tremila che hanno assunto i farmaci già autorizzati finora si sono verificate 55 infezioni. Delle restanti duemila che hanno ricevuto il lenacapavir, nemmeno una ha contratto l’Hiv. Sulla carta, significa che il nuovo farmaco ha un’efficacia del 100% (e, di passaggio, che i farmaci attualmente usati in tutto il mondo sono sostanzialmente inutili). Trattandosi di anticipazioni comunicate dall’azienda, la cautela è d’obbligo: i ricercatori della Gilead interverranno oggi a Monaco per presentare alla comunità scientifica i risultati più completi. Altre sperimentazioni già in corso in altre parti del mondo e estese anche ai maschi permetteranno di avere dati statistici più solidi.

In ogni caso, il lenacapavir ha un’altra caratteristica che potrebbe rivoluzionare la lotta all’Hiv: mentre la profilassi preventiva attuale richiede una somministrazione quotidiana, basta un’iniezione di lenacapavir ogni sei mesi per proteggersi dal virus. «È il farmaco più simile a un vaccino tra quelli a nostra disposizione» ha commentato Andrew Hill, un ricercatore dell’università di Liverpool (Regno Unito) presente a Monaco. Il lenacapavir potrebbe facilitare enormemente la prevenzione nei Paesi più poveri in cui, senza strutture sanitarie adeguate, è più difficile seguire con regolarità la profilassi. «Persone che temono discriminazioni, come maschi gay e donne trans, potrebbero rivolgersi ai medici solo due volte l’anno per avere la loro iniezione e mettersi al sicuro. Per non parlare delle ragazze africane che temono lo stigma e la violenza domestica» ha detto Byanyima. «Potremmo avvicinare l’obiettivo di debellare l’Hiv».

Come avviene in questi casi, l’obiettivo sanitario si scontra con la ricerca del profitto. Il prezzo fissato dalla Gilead per il lenacapavir negli Usa è di 42 mila dollari l’anno per l’uso terapeutico, inaccessibile se si pensa che il 41% dei nuovi contagi avviene in paesi a medio reddito come Cina, Brasile e Sudafrica. «Le stime mostrano che i produttori di farmaci generici potrebbero venderlo per meno di cento dollari l’anno. Gilead, adesso tocca a voi», ha detto Byanyima dal palco della conferenza.

Le dà ragione lo studio presentato ieri alla conferenza proprio da Hill, che ha analizzato la filiera produttiva del lenacapavir. Secondo Hill, senza il brevetto il suo prezzo potrebbe scendere fino a soli quaranta dollari l’anno. L’Oms e le organizzazioni non governative chiedono dunque all’azienda di metterlo a disposizione dei produttori di generici per permettere alle popolazioni più a rischio di accedere al farmaco.

Secondo la Gilead è ancora presto per fissare un prezzo per la profilassi preventiva ma  promette di garantire «un ampio e sostenibile accesso globale al farmaco». Difficilmente però svelerà i suoi piani a Monaco. Il pubblico direttamente interessato ai piani dell’azienda è ampio, perché l’Aids è tuttora una minaccia sanitaria di dimensioni globali. Secondo l’Onu, le persone sieropositive nel mondo sono quaranta milioni, e nove milioni di loro non ricevono alcun trattamento. A causa della mancanza di cure, muore di Aids una persona al minuto. Le vittime sono state 630 mila nel 2023, un netto progresso rispetto ai 2,1 milioni di venti anni fa. Ma l’obiettivo dell’Unaids è fermare l’epidemia entro il 2030.