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Le mani della destra sull’Aifa, riforma pro Farmindustria

Le mani della destra sull’Aifa, riforma pro FarmindustriaLa sede dell’Agenzia Italiana del Farmaco a Roma, in via del Tritone – Ansa

Sanità Con poche righe inserite in una legge che parla d’altro, la maggioranza rivoluziona l’agenzia che tutela i cittadini in campo farmaceutico. Cancellato il direttore generale e dimezzate le commissioni tecniche. Garattini: «Così si indebolisce la capacità di controllo». A tutto vantaggio dell’industria farmaceutica

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 2 dicembre 2022

Nel decreto che proroga la partecipazione italiana alle missioni Nato e rifinanzia la sanità calabrese approvato martedì in Senato, la maggioranza ha «nascosto» la riforma dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) che indebolisce un’istituzione fondamentale per la tutela della salute pubblica. Salvo sorprese alla Camera, dove la norma verrà discussa a giorni, l’emendamento modifica in profondità l’assetto dell’Aifa cancellando la figura del direttore generale. Inoltre, abroga la commissione tecnico-scientifica e la commissione «prezzi e rimborsi» sostituendole con una «Commissione scientifica ed economica» di soli dieci membri che dovrà valutare l’efficacia e la sicurezza dei farmaci e negoziare con le aziende la quota del loro prezzo di cui si fa carico il servizio sanitario nazionale.

UN TERREMOTO, per un’agenzia che ha il ruolo delicato di garantire il diritto alla cura con farmaci di qualità e economicamente sostenibili. E che si confronta quotidianamente con la pressione esercitata da aziende farmaceutiche di dimensione transnazionale e che non gradiscono ostacoli. La riforma va a loro favore, a giudicare dalle parole di ieri del ministro della salute Orazio Schillaci, secondo cui «l’approvazione dei dossier deve diventare più rapida». Anche a costo di indebolire l’agenzia.

IL DIRETTORE GENERALE che sparirà, infatti, è la figura che garantisce l’indipendenza dell’Agenzia, mentre il presidente viene espresso dalle Regioni. Concentrare il potere nelle mani di quest’ultimo sposterà il baricentro a favore della politica, più condizionabile e meno attenta alle evidenze scientifiche in materia sanitaria. Anche la valutazione dei farmaci affidata a soli dieci membri, in luogo dei venti delle commissioni precedenti indebolisce l’agenzia, secondo molti esperti. «Dieci tecnici, nominati non si sa da chi, non bastano» spiega al manifesto il farmacologo Silvio Garattini, fondatore e presidente dell’istituto «Mario Negri». «Oggi la farmacologia è una materia molto più complessa di prima, richiede competenze diverse in molti settori scientifici ed economici. Così si limita la capacità di controllo dell’Aifa».

INFILARE LA RIFORMA dell’Aifa nella ratifica parlamentare di impegni già presi è il metodo ideale per farla passare senza il dibattito che avrebbe meritato. Dall’opposizione, in ogni caso, giungono solo deboli malumori. Il Pd si è limitato all’astensione sul provvedimento, giudicato «un colpo di mano» dalla responsabile sanità Beatrice Lorenzin. Tace l’ex-ministro della salute Roberto Speranza, che pure aveva lavorato a una riforma dell’Agenzia poi sfumata.
La riforma conclude il duro scontro tra l’attuale direttore generale, il farmacologo Nicola Magrini, e il presidente, il virologo Giorgio Palù indicato dalla Lega con il fine non troppo nascosto di ammorbidire l’indirizzo troppo “rigoroso” impresso dal dg all’Agenzia durante la pandemia. La cancellazione del dg prevista dalla riforma indica chiaramente chi esca vincitore dallo scontro.

L’AGENZIA HA SVOLTO una funzione oggettivamente scomoda nella prima fase delll’emergenza Covid. Da un lato, la mancanza di terapie richiedeva di accelerare al massimo le sperimentazioni su nuovi farmaci e vaccini. E ciò ha comportato la rimozione di alcuni paletti, come la norma contro il conflitto di interesse (abrogata all’inizio della pandemia) che impediva la sperimentazione di un farmaco da parte di ricercatori che ricevono finanziamenti dall’azienda produttrice. Dall’altro, l’Aifa ha dovuto vigilare affinché non si ricorresse a farmaci inefficaci o insicuri approfittando dell’emergenza. L’Agenzia è finita così al centro di numerosissime polemiche sull’uso di sostanze come l’idrossoclorochina, l’ivermectina, il plasma iperimmune e i primi anticorpi monoclonali, promosse da gruppi di medici o da aziende farmaceutiche spalleggiati da Lega e FdI ma rivelatesi inefficaci. Lo stesso Palù ha contribuito alla delegittimazione dell’Agenzia sconfessando più volte i tecnici dell’agenzia che è stato chiamato a presiedere. Ma critiche al ruolo dell’Aifa erano giunte anche da Lorenzin, che aveva invitato Aifa ad «avere più coraggio» sulle cure sperimentali basate sugli anticorpi monoclonali.

L’INTENZIONE DI METTERE l’Aifa in condizione di non nuocere è testimoniata dalla foga che ha caratterizzato l’iter legislativo. Oltre alla sgrammaticatura di una riforma infilata nella legge di conversione di un decreto che riguarda tutt’altro, in una prima versione prevedeva la decadenza immediata del dg senza riattribuzione delle funzioni, portando l’agenzia alla paralisi. Nella versione approvata, gli incarichi attuali rimarranno in vigore fino all’emanazione di un decreto che stabilisca le funzioni dei nuovi organi e conduca alla nomina di un nuovo presidente.

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