Doveva essere la bandierina piantata a suggellare il successo dell’esecutivo e in particolare della Lega di Matteo Salvini, la dimostrazione che il governo delle destre mantiene le promesse fatte agli elettori: in questo caso un taglio drastico alla protezione speciale definita per settimane come un’anomalia tutta italiana.

Ma è bastata una manciata di minuti per trasformare una vittoria che si pensava ormai già in tasca in una disfatta, imbarazzante per palazzo Chigi e la maggioranza. Al momento di votare gli emendamenti all’articolo 7 del decreto Cutro, il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni chiede a sorpresa di sospendere i lavori in corso nell’aula di palazzo Madama.

Quando si ricomincia tocca al senatore Maurizio Gasparri comunicare l’intenzione della maggioranza di rimettere mano all’emendamento che Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega avevano sottoscritto proprio per limitare la protezione speciale. Il motivo va cercato in una frase contenuta nel testo e che prevede lo stop agli obblighi costituzionali e internazionali sottoscritti dall’Italia nel valutare la concessione della protezione.

Non proprio una cosetta da poco, perché se mantenuta quella formulazione avrebbe sì permesso alla Lega di reintrodurre i decreti sicurezza firmati a suo tempo da Salvini, ma anche messo a rischio il decreto di essere dichiarato incostituzionale e avrebbe di sicuro aperto uno scontro con il Colle. Proprio il rispetto di quegli obblighi era infatti uno dei punti che Mattarella, nella sua lettera al parlamento scritta ne 2018 in occasione della firma ai decreti salviniani, aveva chiesto e ottenuto di mantenere.

L’improvvisa marcia indietro riaccende le tensioni che da settimane dividono la maggioranza proprio sulla protezione speciale, con la premier Giorgia Meloni impegnata a contenere gli affondi della Lega proprio nel tentativo di evitare un incidente con il Quirinale. Premier che sarebbe intervenuta anche ieri, sebbene all’ultimo minuto.

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La dimostrazione che la pace apparente di due giorni fa appartiene ormai al passato, sta nelle parole di Molteni, che chiede di accantonare temporaneamente l’emendamento perché «non si è capita bene la riformulazione proposta».

Alla fine il testo passa ma senza più i riferimenti ai trattai internazionali. Resta confermata invece la stretta sul rilascio della protezione speciale con la riduzione della possibilità di convertire il permesso di soggiorno per poter lavorare anche per chi è nel nostro Paese a causa di gravi calamità e per cure mediche. Salvo ulteriori sorprese il voto finale sul decreto è previsto per oggi.

Dalla maggioranza, in evidente imbarazzo, fino a tarda sera non arrivano commenti a quanto accaduto nell’aula di palazzo Madama. Attaccano, invece, le opposizioni. «La maggioranza sui migranti non esiste più. Le divisioni sono ormai evidenti, sono nel caos», dice il capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra Peppe De Cristofaro per il quale il «Senato è ostaggio di un gruppo di incompetenti».

«Questo dà il senso del caos che c’è nella maggioranza», dice invece i capogruppo del Pd al Senato Francesco Boccia. «La riformulazione è il tentativo di negare il più possibile il pasticcio che hanno fatto. La cosa grave – prosegue il senatore dem – è che il governo ha dichiarato di non aver capito la riformulazione fatta dall’estensore dell’emendamento. Noi insisteremo perché pensiamo che anche le altre modifiche siano solo una violazione dei diritti internazionali ma dei diritti umani».