L’Ungheria di Orbán e il suo governo tutto al maschile
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L’Ungheria di Orbán e il suo governo tutto al maschile

Visegrad e oltre La rubrica settimanale sui sovranismi dell'Est Europa. A cura di Massimo Congiu
Pubblicato circa un anno faEdizione del 15 settembre 2023

Da che Judit Varga ha dato le dimissioni dal ruolo di ministra della Giustizia, fatto avvenuto a fine giugno, il governo ungherese non ha più donne alla guida dei suoi dicasteri. Ministra dal 2019, si è dimessa all’inizio dell’estate per guidare la campagna del partito governativo Fidesz che guarda, agguerrito, alle elezioni europee dell’anno prossimo. Questo, come già precisato, ha portato alla scomparsa del gentil sesso dai vertici dei ministeri, visto che le funzioni svolte dalla Varga per circa quattro anni sono state affidate a Bence Tuzson.

Il fatto che il governo Orbán sia privo di ministre non è certo sfuggito a Bruxelles, e una nota pubblicata da Euronews ad agosto riferiva di un nuovo record raggiunto dall’Ungheria nel blocco dei 27. Un record negativo, ovviamente, per la guida, tutta maschile, dei quattordici ministeri di cui si compone l’esecutivo danubiano come si può verificare dando un’occhiata alla pagina https://kormany.hu/a-kormany-tagjai, che reca le foto della squadra del premier, e di quest’ultimo, naturalmente.

Tale situazione non sembra imbarazzare granché il governo ungherese che esprime una visione della donna legata a ruoli di genere tradizionali: quello di “angelo del focolare”, sostanzialmente, nel caso delle persone di sesso femminile. Non deve trarre in inganno il fatto che il paese abbia una presidente della repubblica, ossia quella Katalin Novák che è nota come fedelissima di Orbán.

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Eletta nel marzo dell’anno scorso, già ministra senza portafoglio degli Affari Familiari e vicepresidente del partito governativo Fidesz fra il 2017 e il 2021, Novák è convinta sostenitrice della cosiddetta «famiglia tradizionale» e oppositrice di quella che chiama «ideologia di genere», come del resto tutto l’esecutivo del Fidesz che per questo non ha voglia di ratificare la Convenzione di Istanbul.

Orbán potrà anche vantarsi di essere stato quello che ha dato al paese il primo capo di stato donna, ma l’elezione della Novák non sembra proprio essere un successo in termini di impegno per la parità dei sessi. La “delfina del premier” appoggia pienamente l’agenda natalista del governo che vuole donne prolifiche e manifesta propensioni antiabortiste.

Anche Judit Varga è allergica alle questioni di genere. Lei è quella che, da ministra, aveva replicato alle dure critiche della von der Leyen contro la cosiddetta “legge anti-Lgbtq”. “La sovranità e l’indipendenza dei paesi membri, nonché il diritto alla difesa dei minori sono diritti comuni per tutti. Spetta all’Ungheria scegliere come educare i figli”, aveva detto, e precisato di trovare inaccettabile il fatto che il diritto europeo venga usato per condurre battaglie ideologiche.

Questa affermazione riflette chiaramente il contenuto della propaganda governativa che descrive alla popolazione un’Ungheria attaccata dalla “tecnocrazia liberale” di Bruxelles e dai suoi organi di stampa, perché vuole essere sovrana, libera di fare le sue scelte e di respingere i diktat dei vertici Ue. Cosicché, per il sistema di potere facente capo a Orbán, il dossier Sargentini che accusava il medesimo di ledere lo Stato di diritto e le restrizioni nel campo dei fondi comunitari, sono la vendetta meschina dei tecnocrati di cui sopra e del “partito dell’accoglienza” (a migranti e profughi) nei confronti di un paese piccolo come l’Ungheria ma così coraggioso da tenere testa alla leadership dell’Ue.

Infine, per tornare al tema di fondo, agli occhi del governo arancione (il colore del Fidesz), le osservazioni sull’assenza al suo interno di ministre donne, sarà probabilmente l’ennesimo tentativo di screditare il paese a livello internazionale, tanto vale non farci caso.

Euronews ha effettivamente parlato di nuovo record (in negativo) da parte di Budapest, ma ha anche precisato che in molti stati membri dell’Ue la situazione non è soddisfacente, e noi in Italia da questo punto di vista, purtroppo, non brilliamo neanche di luce riflessa.

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