Lavoro

L’ultimo giorno di Mirafiori: «Lotteremo per lavorare»

L’ultimo giorno di Mirafiori: «Lotteremo per lavorare»Torino, un momento della protesta degli operai di Mirafiori – LaPresse

Fabbriche a rischio Via alle 7 settimane di Cig: «Non cadiamo nella trappola di stare col governo o Tavares»

Pubblicato 9 mesi faEdizione del 11 febbraio 2024

Le nuvole sono fitte sopra i cancelli di Mirafiori. Piove e gli scenari sono foschi sul futuro dello storico stabilimento italiano: oltre 2 milioni di metri quadrati di superficie, per la metà inutilizzati. Da domani iniziano le annunciate sette settimane di cassa integrazione per i 2.260 lavoratori delle Carrozzerie ovvero gli operai delle linee della 500 elettrica e della Maserati.

SI TRATTA DELL’ENNESIMA batosta, stavolta davvero pesante, per il sito torinese: il più a rischio nel gruppo insieme a Pomigliano secondo l’amministratore delegato Carlos Tavares. Una doccia fredda dopo le promesse di rilancio non mantenute.
In settimana, in corso Tazzoli, si sono rivisti scioperi spontanei con una partecipazione numerosa e in un certo senso inedita per questi tempi. All’uscita della porta 2 prevale rabbia e sconforto.

«Spero di riuscire andare in pensione prima che tutto vada a scatafascio», dice un’operaia. E ancora: «Noi abbiamo dato tanto ma l’azienda non investe e ne paghiamo direttamente le spese». Si sentono traditi, illusi e abbandonati: «Il polo del lusso è morto, non esiste più». Una frase lapidaria e condivisa. Le linee della 500 elettrica e della Maserati non si fermeranno del tutto, lavoreranno su un solo turno a rotazione. Significa circa 150 euro in meno in busta paga e per chi resta a casa scatterà la cassa integrazione.

GIACOMO ZULIANELLO, OPERAIO e delegato Fiom, non è ottimista: «Questa cassa è l’antipasto di qualcosa di peggiore. Abbiamo visto il precedente con lo stabilimento di Grugliasco, dove lavoravo. Venne Tavares e ci fece un discorso sui costi non sostenibili e la fabbrica, seppur tecnologicamente all’avanguardia, fu chiusa. Noi sappiamo fare bene le macchine, l’azienda dovrebbe invece saper cavalcare il mercato».

Ha 57 anni, un anno in più dell’età media di Mirafiori. La crisi anagrafica della forza lavoro Stellantis è uno dei problemi sollevati dal tavolo unitario sindacale (Fiom, Fim e Uilm) – di nuovo insieme dopo tredici anni di divisioni – che, a fine anno, ha fatto diverse proposte per salvare lo stabilimento che più di tutti in questi anni ha pagato il prezzo della crisi e dei mancati investimenti. Tra queste, «assegnare nuovi modelli in grado di garantire la missione produttiva», in particolar modo del segmento B e C. La risposta (negativa) dell’azienda la vediamo in questi giorni. Il 31 marzo – un giorno dopo la fine del nuovo lungo round di cassa integrazione – a Mirafiori terminerà anche la produzione della Maserati Levante.

A scendere in strada, a scioperare, mercoledì e giovedì non sono stati solo gli operai sindacalizzati. «Nessuno – aggiunge Zulianello – cade nella trappola di stare con Tavares o con il governo, loro si scontrano e noi ne paghiamo dazio. Tifiamo per noi stessi e vogliamo che le istituzioni locali, in Piemonte come in Campania, si coordino e facciano pressione su governo e azienda. Per sopravvivere abbiamo bisogno di nuovi modelli».

Edi Lazzi, il segretario della Fiom Torino, sollecita un intervento: «Bisogna costituire un think tank con il presidente della Regione, il sindaco di Torino, i sindacati e le imprese, dalla curia, dal Politecnico e dall’università con il compito preciso di pianificare un progetto di investimenti pubblici e privati, da effettuare nel territorio per accompagnare in positivo la transizione all’elettrico che, se sfruttata adeguatamente, potrà generare nuova e buona occupazione».

INTANTO, IL VICE-CAPOGRUPPO di Alleanza Verdi Sinistra Marco Grimald, e la capogruppo di Sinistra Ecologista al Comune di Torino Alice Ravinale lanciano una grande marcia per clima e lavoro il 24 febbraio, «per non lasciare soli gli operai a battersi per il nostro futuro». Un corteo attorno al gigantesco perimetro di Mirafiori. «Il 2024 si è aperto con un nuovo stop: lavoratori e lavoratrici sono rientrati solo per tornare in cassa. Una cassa che dura a singhiozzo da 17 anni. Il livello di guardia è stato superato, hanno il diritto di sapere cosa sarà del proprio futuro. Elkann e Tavares hanno il dovere di prendere parola e aprire un confronto vero. Il governo Meloni deve dare risposte e spiegare che cosa intende fare per tutelare il settore dell’automotive in Italia nell’era della transizione ecologica. A Mirafiori servono nuovi modelli e un progetto. L’hub dell’economia circolare non basta».

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