Le nuvole sono fitte sopra i cancelli di Mirafiori. Piove e gli scenari sono foschi sul futuro dello storico stabilimento italiano: oltre 2 milioni di metri quadrati di superficie, per la metà inutilizzati. Da domani iniziano le annunciate sette settimane di cassa integrazione per i 2.260 lavoratori delle Carrozzerie ovvero gli operai delle linee della 500 elettrica e della Maserati.

SI TRATTA DELL’ENNESIMA batosta, stavolta davvero pesante, per il sito torinese: il più a rischio nel gruppo insieme a Pomigliano secondo l’amministratore delegato Carlos Tavares. Una doccia fredda dopo le promesse di rilancio non mantenute.
In settimana, in corso Tazzoli, si sono rivisti scioperi spontanei con una partecipazione numerosa e in un certo senso inedita per questi tempi. All’uscita della porta 2 prevale rabbia e sconforto.

«Spero di riuscire andare in pensione prima che tutto vada a scatafascio», dice un’operaia. E ancora: «Noi abbiamo dato tanto ma l’azienda non investe e ne paghiamo direttamente le spese». Si sentono traditi, illusi e abbandonati: «Il polo del lusso è morto, non esiste più». Una frase lapidaria e condivisa. Le linee della 500 elettrica e della Maserati non si fermeranno del tutto, lavoreranno su un solo turno a rotazione. Significa circa 150 euro in meno in busta paga e per chi resta a casa scatterà la cassa integrazione.

GIACOMO ZULIANELLO, OPERAIO e delegato Fiom, non è ottimista: «Questa cassa è l’antipasto di qualcosa di peggiore. Abbiamo visto il precedente con lo stabilimento di Grugliasco, dove lavoravo. Venne Tavares e ci fece un discorso sui costi non sostenibili e la fabbrica, seppur tecnologicamente all’avanguardia, fu chiusa. Noi sappiamo fare bene le macchine, l’azienda dovrebbe invece saper cavalcare il mercato».

La redazione consiglia:
I Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza? Pochi e non eletti

Ha 57 anni, un anno in più dell’età media di Mirafiori. La crisi anagrafica della forza lavoro Stellantis è uno dei problemi sollevati dal tavolo unitario sindacale (Fiom, Fim e Uilm) – di nuovo insieme dopo tredici anni di divisioni – che, a fine anno, ha fatto diverse proposte per salvare lo stabilimento che più di tutti in questi anni ha pagato il prezzo della crisi e dei mancati investimenti. Tra queste, «assegnare nuovi modelli in grado di garantire la missione produttiva», in particolar modo del segmento B e C. La risposta (negativa) dell’azienda la vediamo in questi giorni. Il 31 marzo – un giorno dopo la fine del nuovo lungo round di cassa integrazione – a Mirafiori terminerà anche la produzione della Maserati Levante.

A scendere in strada, a scioperare, mercoledì e giovedì non sono stati solo gli operai sindacalizzati. «Nessuno – aggiunge Zulianello – cade nella trappola di stare con Tavares o con il governo, loro si scontrano e noi ne paghiamo dazio. Tifiamo per noi stessi e vogliamo che le istituzioni locali, in Piemonte come in Campania, si coordino e facciano pressione su governo e azienda. Per sopravvivere abbiamo bisogno di nuovi modelli».

Edi Lazzi, il segretario della Fiom Torino, sollecita un intervento: «Bisogna costituire un think tank con il presidente della Regione, il sindaco di Torino, i sindacati e le imprese, dalla curia, dal Politecnico e dall’università con il compito preciso di pianificare un progetto di investimenti pubblici e privati, da effettuare nel territorio per accompagnare in positivo la transizione all’elettrico che, se sfruttata adeguatamente, potrà generare nuova e buona occupazione».

INTANTO, IL VICE-CAPOGRUPPO di Alleanza Verdi Sinistra Marco Grimald, e la capogruppo di Sinistra Ecologista al Comune di Torino Alice Ravinale lanciano una grande marcia per clima e lavoro il 24 febbraio, «per non lasciare soli gli operai a battersi per il nostro futuro». Un corteo attorno al gigantesco perimetro di Mirafiori. «Il 2024 si è aperto con un nuovo stop: lavoratori e lavoratrici sono rientrati solo per tornare in cassa. Una cassa che dura a singhiozzo da 17 anni. Il livello di guardia è stato superato, hanno il diritto di sapere cosa sarà del proprio futuro. Elkann e Tavares hanno il dovere di prendere parola e aprire un confronto vero. Il governo Meloni deve dare risposte e spiegare che cosa intende fare per tutelare il settore dell’automotive in Italia nell’era della transizione ecologica. A Mirafiori servono nuovi modelli e un progetto. L’hub dell’economia circolare non basta».