Mittente: Ferrovie del Sud Est. Destinatari: le organizzazioni sindacali. Oggetto: «Diffida per la mancata elezione dei Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (Rls)». La lettera del 31 gennaio che cita tre precedenti comunicazioni fin dal 2019 sembra descrivere «un mondo capottato». Un’azienda che diffida i sindacati perché non eleggono coloro che devono battersi per la sicurezza sul lavoro.

La questione è però molto più complessa e sfaccettata. Se sicuramente la lettera della società con sede a Bari che dal novembre 2016 è stata fa parte di Ferrovie dello Stato – dopo una grave crisi finanziaria e un commissariamento – colpisce per la sua stranezza, quante altre aziende si trovano nella stessa situazione di non avere Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza eletti e nel pieno delle loro funzioni?

Dati precisi non ne esistono. Inail, sindacati, avvocati del lavoro e organizzazioni di impresa sostengono in modo univoco che sono «moltissime».

La mancanza di Rls ha molteplici conseguenze. Per le imprese il rischio – citato nella lettera con la formula «gravità della situazione» – di incorrere in reati penali per inottemperanza del Testo unico sulla sicurezza del lavoro del 2009. Per i sindacati e i lavoratori di non avere una figura fondamentale nella tutela della sicurezza, per di più in un settore come quello ferroviario a grande rischio, come dimostra la recente strage di Brandizzo.

Esiste poi una pratica scorretta ma molto in uso fra le aziende, a prescindere dal settore e dalla loro dimensione. Gli Rls dovrebbero essere eletti ogni tre anni ma tutto è demandato «alla contrattazione» e dunque quasi sempre la loro durata in carica – spesso tramite nomina da parte delle Rappresentanze sindacali unitarie (Rsu) e non per elezione – è molto maggiore, sono «normali» casi di durata decennale, come capitato a Dante De Angelis, macchinista licenziato due volte da Fs – e due volte reintegrato – per le sue denunce sulla sicurezza.

Una situazione generalizzata che porta la figura del Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza a cristallizzarsi in due tipologie opposte: da una parte il classico «rompiscatole» che l’azienda cerca di bloccare o non considerare; dall’altra la tendenza di molte aziende a riconoscere la forza di questi lavoratori e cooptare queste figure a livelli dirigenziali per assicurarsene il consenso o la compiacenza: molti sono gli Rls che poi fanno carriere fulminanti.

Da entrambe le parti c’è poca voglia di parlare dell’argomento. Se Fse precisa che «la nota del 31 gennaio è l’ultima di una serie di comunicazioni inviate ai sindacati di competenza in cui si esortano a procedere a norma di decreto», i sindacati ributtano la palla verso l’azienda sostenendo che le elezioni nel gruppo Fs sono sempre avvenute con una sorta di «election day» per tutte le unità produttive. Ma in realtà l’ultima è avvenuta dal 24 al 27 novembre del 2015, oltre otto anni fa. E le elezioni precedenti si erano tenute 11 anni prima.

«Si tratta di un problema reale collegato alla mancanza di una legge sulla rappresentanza – spiega Carlo Guglielmi, avvocato del lavoro da decenni impegnato sulle tematiche della sicurezza – . Spesso le elezioni per gli Rls sono bloccate dagli stessi sindacati, confederali o autonomi, che hanno interesse a non misurarsi o a mantenere sacche di potere all’interno dell’azienda».
Tutto questo però cozza in maniera fragorosa con l’articolo 9 dello Statuto dei lavoratori: «I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica». Testo che, ricordiamolo, è del 1970.

«È chiaro – continua Guglielmi – che una legge sulla rappresentanza che misurasse il reale consenso dei sindacati darebbe molto più legittimità e potere agli Rls, portando al rispetto della scadenza dei tre anni».

Proprio sul tema della manutenzione lunedì Usb e Assemblea nazionale dei ferrovieri della manutenzione hanno indetto per lunedì uno sciopero che contesta l’Accordo di settore firmato il 10 gennaio dagli altri sindacati che «smantella pilastri fondamentali delle tutele dei lavoratori sulla sicurezza intervenendo su orari, nastri di lavoro e riposi giornalieri e settimanali».