Sira Rego, 47 anni, è eurodeputata di Izquierda Unida/The Left. Ha proposto la creazione del gruppo di lavoro su Frontex della Commissione libertà civili, giustizia e affari interni dell’europarlamento, che martedì ha concluso le sue indagini. Vi ha partecipato in modo combattivo, ma è delusa dal risultato finale.

Sono stati raggiunti gli obiettivi?

No, è stato impossibile indagare approfonditamente lo «scandalo Frontex» denunciato da giornali e Ong. La metodologia del gruppo ha compresso i tempi e impedito di fare domande su questioni fondamentali e ascoltare testimonianze decisive. È stato appurato che Frontex è un partner nella politica di respingimenti e violazioni dei diritti umani alle frontiere, ma non si è indagato con serietà per raggiungere l’obiettivo principale: determinare il grado di coinvolgimento dell’agenzia in tali pratiche.

Non ci sono prove?

Ci sono, ma non è stato possibile farle valere. Hanno rifiutato di ascoltare la testimonianza di una vittima di respingimento e far intervenire le Ong che sono nel Mediterraneo e hanno le prove di ciò che accade. Le abbiamo dovute incontrare separatamente.

Chi lo ha impedito?

Il gruppo di lavoro si è costituito come una specie di tribunale, una modalità priva di senso visto che non siamo giudici ma deputati che devono fare valutazioni politiche. Le procedure non sono state chiare e ha regnato l’arbitrarietà nel selezionare le informazioni e scartare a priori alcuni testimoni. Tutto questo grazie all’alleanza tra estrema destra e destra, che spesso ha potuto contare sull’appoggio dei liberali.

Che violazioni avete certificato?

Le prove in mano alle Ong e le inchieste giornalistiche mostrano la complicità di Frontex con alcune guardie costiere, anche di paesi terzi come la Libia, per evitare di soccorrere persone alla deriva o addirittura partecipare ad alcuni respingimenti, soprattutto sulla frontiera greco-turca. A Catania i responsabili locali dell’agenzia ci hanno confermato che non c’è neanche un osservatore sui diritti umani per il Mediterraneo centrale. Fabrice Leggeri, il direttore, assume personale di sua fiducia, ma non i 40 osservatori a cui è obbligato.

Perché dice che Frontex è fuori controllo?

Sono state denunciate violazioni dei diritti umani e sprechi di risorse pubbliche. Sono passati da spendere 2-3mila euro a oltre 400mila per lo stesso evento. Le responsabilità politiche non sono tracciabili: un’anomalia assoluta nell’Ue.

Le dimissioni di Leggeri sono la soluzione?

No, ma sono un passo necessario. The Left pensa che Frontex debba sparire, perché non è compatibile con l’esercizio reale di democrazia e diritti umani. Comunque un minimo di buon senso dice che mandato e governance dell’agenzia devono cambiare.

Quali sono i prossimi passi?

Vedere cosa sarà scritto nel documento finale, su cui la destra ha l’assurda pretesa che non superi le 10 pagine. Secondo noi non deve solo raccogliere i fatti, ma indicare i responsabili e definire una proposta di modifica di mandato e governance. Comunque non finisce qui, non escludiamo nessun tipo di azione politica o legale. Il parlamento europeo è un’istituzione democratica che non può chiudere gli occhi su quello che fa Frontex. Significherebbe garantire l’impunità a Leggeri e schierarsi al suo fianco.