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Le amicizie pericolose di Musk e Meloni

Le amicizie pericolose di Musk e MeloniElon Musk premia Giorgia Meloni a New Yirk il 23 settembre 2024 – Michelle Farsi /Ap

Destre La nostra Presidente del consiglio è stata molto festeggiata da Elon Musk nel suo viaggio a New York per intervenire all’Onu e la corrispondenza d’amorosi sensi appare perfino dalle foto […]

Pubblicato un giorno faEdizione del 26 settembre 2024

La nostra Presidente del consiglio è stata molto festeggiata da Elon Musk nel suo viaggio a New York per intervenire all’Onu e la corrispondenza d’amorosi sensi appare perfino dalle foto ufficiali in cui Giorgia Meloni abbraccia il supermiliardario vissuto nel Sudafrica dell’apartheid fino a 17 anni.

Forse sarebbe però opportuna una maggiore cautela nello scegliere gli amici perché Musk e alcuni altri sostenitori di Trump non sono semplicemente “conservatori”: sono nostalgici del regime dell’apartheid, che di fatto vorrebbero importare negli Stati Uniti.

Come si sa, la strada di Musk verso i miliardi iniziò creando Paypal assieme a Peter Thiel, venduta a eBay nel 2003 per un miliardo e mezzo di dollari appena un anno dopo il debutto in borsa.

Anche Thiel viene  da un’infanzia in Sudafrica e in Namibia, dove suo padre lavorava nell’estrazione dell’uranio, parte del progetto del governo di Pretoria di costruire armi nucleari, poi abbandonato.

Della banda di Paypal faceva parte anche David Sacks, pure lui nato a Cape Town, poi arrivato con la famiglia negli Stati Uniti e cresciuto in Tennessee.

Elon Musk, dall’alto dei suoi 200 miliardi di dollari di patrimonio, non fa mistero di voler spendere con generosità per far eleggere una seconda volta Trump.

Il primo passo è stato comprare Twitter due anni fa per l’assurda cifra di 44 miliardi di dollari e ribattezzarlo “X”, trasformandolo in un megafono per l’estrema destra.

In realtà X ha circa 450 milioni di utenti attivi nel mondo, di cui 95 milioni negli Stati Uniti: pochi in confronto a Facebook, Instagram o Tik-Tok ma sufficienti per diffondere fake news a raffica e video manipolati.

Per esempio, poco prima della visita della Meloni si è vista una una foto in cui sembrava che Kamala Harris si rivolgesse non ai suoi sostenitori ma a un’assemblea russa o cinese, davanti a una platea addobbata di bandiere rosse con falce e martello. Musk ha poi intervistato personalmente Trump per due ore appunto su X e ampiamente diffuso sulla piattaforma le assurde storie inventate dall’ex presidente sugli immigrati neri di Haiti che a Springfield in Ohio mangerebbero cani e gatti.

A Musk, Thiel e Sacks si aggiunge Paul Furber, un giornalista sudafricano che vive vicino a Johannesburg, e che, secondo il Financial Times,  è stato identificato da vari gruppi di linguisti come il fondatore di QAnon, il blog nato nel 2017 che esordì in questo modo: “Apri gli occhi. Molti nel nostro governo adorano Satana”.

Oltre a scrivere del presunto satanismo delle élite, QAnon ha contribuito a diffondere le teorie sulla “sostituzione etnica” causata dall’immigrazione, teorie arrivate anche in Italia via il cognato/ministro Francesco Lollobrigida prima che lo facessero tacere.

Non sembra quindi una semplice coincidenza il fatto che Musk e altri tre attivissimi sostenitori di Trump siano bianchi cinquantenni cresciuti in famiglie del Sudafrica dell’apartheid. La ragione è semplice: l’Africa del Sud di allora offriva una versione estrema della vita americana di oggi, con al centro la questione razziale.

Il Sudafrica del 1971 quando nasceva Elon Musk era il paradigma della disuguaglianza: tutte le famiglie di bianchi avevano domestici neri e nelle miniere le condizioni di lavoro non erano molto lontane dalla servitù volontaria, con gli operai che vivevano in baracche o tendopoli (una situazione migliorata solo marginalmente con i governi dell’African National Congress). Per gli Afrikaaner questa disuguaglianza non era dovuta all’apartheid: la vedevano come un fatto di natura; alcune persone avevano successo, altre no, esattamente la filosofia di Musk oggi.

Da due secoli e mezzo l’incubo dei razzisti americani, poi sfociato nella guerra di Secessione, è lo stesso di quello dei bianchi sudafricani negli anni ’80: un giorno i neri si sarebbero sollevati e avrebbero massacrato i bianchi.

Roma, Elon Musk sul palco di Atreju foto di Angelo Carconi /Ansa
Roma, Elon Musk sul palco di Atreju, foto di Angelo Carconi /Ansa

Non per caso Musk ancora nel 2023 ha usato X per mettere in guardia il mondo sul potenziale “genocidio dei bianchi in Sudafrica”. Le apocalittiche affermazioni di Trump, ripetute ad ogni comizio, sulle “donne americane violentate, sodomizzate e uccise da immigrati selvaggi e criminali” fanno leva sulla stessa paura e Musk ha un ruolo chiave nel diffondere queste falsità. Paure amplificate dal fatto che con Kamala, quest’anno è la terza volta in cinque elezioni presidenziali che i democratici presentano un candidato afroamericano e la seconda che presentano una donna.

Nel 1995 Thiel e Sacks, che frequentavano l’università di Stanford, pubblicarono The Diversity Myth, una difesa “civiltà occidentale” contro il multiculturalismo simile a quello che scrive oggi Federico Rampini e premessa di quello che a partire dal 2015 sarebbe diventata la campagna violenta e razzista di Trump contro l’immigrazione, in perfetta sintonia con quella condotta dalle destre europee in Ungheria, Polonia e Italia.

Nel caso di Musk ci sono state  altre influenze culturali, a cominciare dallo scrittore di fantascienza Robert Heinlein e alla teorica dell’egoismo Ayn Rand, insieme alla congenita ostilità dei miliardari per le tasse ma la mentalità dei bianchi sudafricani è risorta col trumpismo.

Per chi avesse bisogno di altre prove: su X, dall’anno scorso i contenuti antisemiti sono aumentati di oltre il 900% mentre negli Stati Uniti ci sono stati più di mille episodi di attacchi antisemiti, vandalismo e molestie.

Insomma, amicizie pericolose.

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