«Non dovete chiedere a noi, rivolgetevi a Giuseppe Conte». Quest’oggi il leader del Movimento 5 Stelle si presenta per la prima volta in conferenza stampa accanto alla candidata alla presidenza del Lazio Donatella Bianchi, e ancora a poche ore dall’evento autorevoli esponenti del Movimento 5 Stelle rispondono con una punta di risentimento alla richiesta di spiegazioni circa il mancato ricongiungimento al voto del 12 e 13 febbraio prossimi del campo largo che negli ultimi anni ha fatto da maggioranza a Nicola Zingaretti. Proprio il presidente uscente della Regione, rispondendo alle domande di questo giornale, ha parlato abbastanza chiaramente di una differenza di prospettive nel M5S tra vertici nazionali (cioè Conte) e referenti regionali (in primis, le due assessore Roberta Lombardi e Valentina Corrado). Se fosse stato per queste ultime, lascia intendere Zingaretti spiegando la rottura della sua maggioranza, state certi che l’accordo tra il centrosinistra e i 5 Stelle si sarebbe celebrato.

LA RISPOSTA che da giorni i contiani fanno trapelare insiste sul fatto che la coalizione in Lombardia è stata costruita e per il prossimo aprile in Friuli Venezia Giulia dovrebbe nascere. Il che, è il ragionamento, dimostra che non c’è alcuna posizione preconcetta, a patto che si accetti di discutere di programmi prima che di nomi e che non si accolgano i terzopolisti di Renzi e Calenda, portatori agli occhi dei pentastellati di veti e connivenza con le destre. Le due condizioni non si sarebbero verificate nel Lazio, dicono dalla sede nazionale di Campo Marzio, dove il Pd ha scelto unilateralmente di candidare Alessio D’Amato con Italia Viva e Avanti e dove non si è accettato di rimettere in discussione il termovalorizzatore di Roma.

CI SONO DUE nodi che la cui rilevanza si estende oltre il contesto regionale che hanno spinto Conte a verticalizzare la strategia per il voto nel Lazio e che hanno condotto alla rottura. Il primo è stato esplicitato a più riprese dai neo-alleati del Movimento 5 Stelle del Coordinamento 2050 che hanno dato vita alla lista ecologista e progressista. Riguarda gli assetti del centrosinistra che viene dopo la rottura del voto alle elezioni politiche. Il Pd non ha più il pallino della coalizione, non ne è più la forza principale e deve fare i conti con un partito almeno di pari livello come il M5S di Conte. Il che cambierebbe il modo stesso di fare politica e costruire alleanze, sostengono i progressisti per Conte, cosa che non è accaduta nel Lazio. Da qui deriva che l’ex presidente del consiglio userà il Lazio per testare una «formula beta» di quel «fronte progressista» di cui parla da quando proprio Zingaretti lo definì «fortissimo riferimento» del centrosinistra.

IL SECONDO NODO guarda direttamente alle elezioni europee della primavera del prossimo anno. È noto ormai da tempo che Conte ha intenzione di giocare quella partita collocando esplicitamente il suo M5S, attualmente senza famiglia in Ue, con i Verdi europei. Ecco perché insiste sul termovalorizzatore e sfida sul loro terreno Europa Verde, che si è schierato da subito con D’Amato a costo di rompere, almeno nel Lazio, l’alleanza con Sinistra italiana e che da mesi cerca di sbarrare la strada all’approdo green in Europa del M5S.

IERI D’AMATO ha chiuso formalmente i giochi presentando il suo programma elettorale, che contiene anche il potenziamento di quel «reddito di formazione» che rievoca le proposte del M5S sul reddito di cittadinanza. Dunque, l’assessore alla sanità che aspira alla presidenza provando a porsi in scia con Zingaretti, che per il suo secondo mandato da presidente ha vinto anche contro il M5S ma poi lo ha imbarcato nella sua maggioranza. «Se ci presentiamo come competitor dobbiamo rendere conto agli elettori, non è che si possono fare tante parti in commedia – sostiene D’Amato – Però da parte mia abbiamo in giunta adesso il M5S con due assessori quindi non vedo elementi di ostilità». Il messaggio è chiaramente rivolto anche agli elettori del M5S. E punta a rendere evidenti le divergenze sul Lazio che dentro i 5 Stelle finora, in ossequio al potere decisionale di Conte, sono state taciute o soltanto lasciate intendere.