Questo lunedì è cominciata la settimana decisiva per l’elezione di Pedro Sánchez alla guida di un nuovo governo di coalizione progressista. La presidente del parlamento spagnolo Francina Armengol ha convocato la sessione di investitura per domani e giovedì, quando il leader socialista verrà eletto con 179 voti, tre in più rispetto alla maggioranza assoluta.

Ieri, il partito socialista ha firmato la proposta di Legge Organica sull’amnistia per la normalizzazione istituzionale, politica e sociale in Catalogna perché possa iniziarne il percorso parlamentare. Continua in tutto il paese, intanto, l’opposizione di piazza delle destre, nel tentativo di delegittimare il nuovo esecutivo fin dalla nascita e forzare una ripetizione elettorale in tempi brevi. Il Tribunal Supremo ha emesso un comunicato in cui «enfatizza la necessità di preservare e garantire l’indipendenza dei giudici da parte di tutte le istituzioni».

SÁNCHEZ È ANDATO sabato scorso a Malaga a ricevere gli applausi dei leader socialdemocratici, riuniti nel congresso del Partito socialista europeo: «Governeremo per altri quattro anni per tutti gli spagnoli e le spagnole – ha promesso -, con avanzamenti sociali in favore della maggioranza della società, con la convivenza e la stabilità istituzionale».

LA PROPOSTA DI LEGGE sull’amnistia depositata in parlamento è quella concordata negli ultimi mesi tra il Psoe e i partiti indipendentisti, il centro dell’intesa con Junts che ha permesso di sbloccare l’investitura del leader socialista. Il testo si compone di un preambolo che precede 16 articoli e due disposizioni aggiuntive e interesserà oltre 300 indipendentisti e una settantina di poliziotti.

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Questa amnistia, si legge nell’esposizione dei motivi, «persegue la realizzazione di un interesse generale, come può essere la necessità di superare e incanalare conflitti politici e sociali radicati, alla ricerca di un miglioramento nella convivenza e nella coesione sociale». Numerosi nel testo i riferimenti al rispetto della Costituzione, al rafforzamento dello stato di diritto e alla salvaguardia della separazione dei poteri, che dovrebbero rassicurare le associazioni dei giudici in subbuglio nelle ultime ore: «Ciò che vuole ottenere il legislatore è escludere dall’applicazione delle norme vigenti i fatti accaduti nel contesto del processo indipendentista catalano per il bene dell’interesse generale, consistente nel garantire la convivenza nello stato di diritto».

Oggetto dell’amnistia, quindi, all’art. 1, sono gli «atti passibili di responsabilità penale, amministrativa o contabile, eseguiti nel quadro delle consultazioni celebrate in Catalogna il 9 novembre 2014 e l’1 ottobre 2017, della loro preparazione e conseguenze, sempre che si siano realizzati tra l’1 gennaio del 2012 e il 13 novembre del 2023». Sono incluse anche le azioni della polizia per impedire le consultazioni, come accadde con le cariche sul referendum dell’1 ottobre.

Tranne quelle che abbiano prodotto a una persona una lesione grave (come la perdita di un occhio in seguito allo sparo di una pallottola di foam), o si configurino come un reato di tortura o trattamento degradante, come si legge all’art.2 sulle esclusioni dalla legge. Ove figurano anche i reati di terrorismo, nei casi in cui sia stata dettata sentenza definitiva. Un dettaglio fondamentale questo, per includere nell’amnistia le azioni dei CdR, Comitati di difesa della Repubblica, e di Tsunami Democràtic, specie dopo che il giudice dell’Audiencia Nacional ha imputato Puigdemont per terrorismo.

NON SI PLACA LA POLEMICA da parte delle opposizioni. Domenica scorsa il Partito Popolare ha portato in piazza decine di migliaia di persone nei diversi capoluoghi di provincia. I popolari promettono di non fermarsi fino a nuove elezioni, denunciando Sánchez di «frode elettorale». Vox preferisce l’assedio quotidiano delle sedi socialiste, perché «Se siamo davanti a un golpe di Stato – afferma – non è il momento delle manifestazioni della domenica, ma della mobilitazione permanente».