A qualche giorno dal voto del Senato francese che precede il passaggio alla Camera, la «legge immigrazione», voluta dal presidente della Repubblica Emmanuel Macron e dal suo ministro degli interni Gérald Darmanin, si presenta come una delle più grandi strette repressiva nei confronti di migranti e richiedenti asilo degli ultimi decenni.

Una «fuga in avanti» nella «stigmatizzazione» degli stranieri, secondo la Cimade (una delle più importanti ong di solidarietà ai migranti), se non una vera e propria «minaccia per i diritti», secondo Human Rights Watch.

PROMESSA  elettorale di Macron, poi misura cardine dei 100 giorni varati all’indomani della rielezione del 2022, la legge sull’immigrazione – fortemente voluta dal ministro Darmanin – è stata presentata in Consiglio dei ministri e al Senato a febbraio 2023, prima d’incominciare il suo iter nella camera alta. Inizialmente il progetto di legge prevedeva, assieme all’inasprimento dei criteri per l’ottenimento del permesso di soggiorno o alla facilitazione delle espulsioni, una serie di misure volte a regolarizzare i lavoratori sans papiers nei mestieri «in tensione».

Ma in questi mesi di passaggio al Senato, il progetto di legge si è «arricchito» con una serie di proposte storicamente appannaggio dell’estrema destra, mentre dal testo sono scomparse le pur timide garanzie di regolarizzazione, testimoniando così la radicalizzazione di una parte importante della politica francese.

Il gruppo parlamentare dei Républicains, il partito di centrodestra che ha la maggioranza relativa al Senato, «ha depositato una serie di proposte la cui natura fa impallidire l’estrema destra», ha scritto il collettivo di giuristi Gisti.

Tra gli emendamenti votati dai senatori, si ritrovano alcune tra le più antiche ossessioni della destra lepenista: dall’inasprimento delle condizioni per il ricongiungimento familiare al ristabilimento del crimine di «soggiorno irregolare» (abolito nel 2012); dall’estensione massiccia dell’utilizzo dei centri di detenzione amministrativa, fino al ritiro della nazionalità ai binazionali che si rendono colpevoli di tentato omicidio nei confronti di agenti di polizia.

LE MISURE che inquietano maggiormente le associazioni sono la limitazione dello ius soli e l’abolizione dell’aide médicale d’Etat (Ame), entrambe votate dai senatori con la tacita approvazione del governo.

In Francia, le persone nate da genitori stranieri accedono alla nazionalità in modo automatico, al compimento della maggiore età. Un diritto che i senatori vogliono condizionare a un’espressa «manifestazione di volontà del minore» e all’assenza di condanne penali «uguali o superiori a sei mesi di prigione».

L’attacco a questo vero e proprio pilastro giuridico francese ha provocato l’indignazione delle più grandi associazioni e sindacati del paese, tra i quali la moderata Cfdt e la Cgt, che l’hanno definita una «restrizione del diritto senza precedenti dal 1804», quando lo ius soli venne instaurato dal codice civile napoleonico.

L’AME, invece, è un dispositivo di salute pubblica attivo dal 2000, che garantisce un accesso di base e gratuito alla sanità pubblica per gli stranieri in situazione irregolare. Già limitato nel 2021 dal governo Macron, l’Ame contava nel 2022 appena lo 0,47% del budget della securité sociale, secondo un rapporto parlamentare. Qualora il testo venisse approvato, al posto dell’Ame verrebbe creato un nuovo dispositivo, ben più ridotto, di difficile accesso e a pagamento.

Dopo l’approvazione al Senato il 14 novembre, il progetto di legge sarà trasmesso alla Camera, dove si giocherà la battaglia cruciale prima dell’adozione definitiva. Marine Le Pen, il 29 ottobre scorso, ha già dichiarato che il suo partito «potrebbe votare» questa legge.