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L’America di DeSantis e Musk è un disastro in diretta social

L’America di DeSantis e Musk è un disastro in diretta socialIl disastroso live talk di Twitter per il lancio della candidatura di Ron DeSantis – Getty Images/Chris Delmas

Stati uniti Echi, fuorionda e silenzi: un flop il lancio della candidatura del governatore su Twitter. Il modello di paese proposto è la Florida di oggi: razzista, omofoba e sovranista

Pubblicato più di un anno faEdizione del 26 maggio 2023
Luca CeladaLOS ANGELES

Le reazioni al lancio della campagna presidenziale di Ron DeSantis su Twitter sono state proporzionali alla montatura precedentemente spinta da Elon Musk, e ben riassunte dall’hashtag subito diventato virale in rete: #DeSaster.

L’EVENTO, pompato come quello che avrebbe dovuto sancire la definitiva supremazia dello streaming sulla vecchia tv. è riuscito solo a far fare una figura barbina sia al candidato che al «genio» tech e agitatore alt-right. La diretta Twitter Space, sotto forma di pseudo-intervista condotta dallo stesso miliardario/provocatore sudafricano, è stata un campionario di singhiozzi tecnici, silenzi, echi, voci fuoricampo e fuorionda durati per venti interminabili minuti, punteggiati dalle giustificazioni di Musk che dava la colpa ai server «sopraffatti dal traffico».

Una dimostrazione di inettitudine tecnologica che ha fotografato lo stato di quello che era uno dei principali social mondiali dopo sette mesi di catastrofica gestione Musk. Immediati e prevedibili i commenti online, a partire da quelli della campagna Trump, una serie di battute ammiccanti sul Titanic e razzi implosi sulla rampa di lancio a cui, con inimitabile stile, lo stesso Trump ha aggiunto tweet sul proprio «bottone rosso, molto più grande» di quello di DeSantis. Meno efficaci i tweet di Musk, che ha tentato di rivendicare un successo dato «che tutti ne parlano».

QUANDO la diretta zoppicante alla fine è riuscita a partire, il governatore italoamericano della Florida ha prodotto il prevedibile compendio di DeSantis-pensiero che si riduce a una rielaborazione di temi trumpiani su élites, stato profondo, invasione straniera e un riepilogo di recriminazioni identitarie e sovraniste della destra populista riconfezionate sotto la rubrica di acchiappatutto anti-woke.

Applicata alla Florida, la «guerra al wokismo» ha prodotto uno stato dove è vietato l’aborto e universale il porto d’armi, nelle scuole sono censurati i libri e vietati i pronomi alternativi, tematiche Lgbtq e storia dello schiavismo. Una distopia illiberale e maccartista che DeSantis propone come modello per l’America, nell’apparente tentativo di superare a destra il frontrunner Trump.

Come ciliegina, la campagna DeSantis ha diffuso un video promozionale in cui si alternano immagini trionfali dello stesso governatore e repertorio trionfale di Musk a eventi Tesla e Space X, un montaggio che ha indotto supposizioni di un ipotetico ticket DeSantis-Musk.

MALGRADO tutto questo, DeSantis si candida come il più papabile delle alternative a Trump nella corsa alla nomination del Gop in una rosa che comprende ormai una mezza dozzina di candidati ufficiali tra cui tre governatori (DeSantis, Nicky Haley e Asa Hutchinson), un senatore (Tim Scott), un imprenditore (Vivek Ramaswamy) e un dj (Larry Elder). Altri due governatori (Chris Christie e Glenn Youngkin) e l’ex vicepresidente Mike Pence dovrebbero entrare in campo a breve.

Tra i democratici a contendere la nomination all’ottuagenario Biden (in perenne disfavore nei sondaggi), ci sono a oggi la progressista Marianne Williamson e il Kennedy ambientalista, virato in complottista anti-vax, Robert Kennedy Jr.

Un auspicio meno che roseo per una campagna che sembra destinata a riproporre temi e retorica del 2016 e 2020 ma in versione, se possibile, più rancorosa e polarizzata e col prevedibile inedito contributo dell’intelligenza artificiale e del suo potenziale per la «falsificazione profonda» su un terreno già di per sé stremato e oltremodo volatile.

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